Cedimenti mistici

Per gli studiosi di sinistra di Leopardi – primo fra tutti Luporini – è fondamentale dimostrare che il Recanatese non ha mai avuto alcun cedimento mistico. Sull’ultimo verso dell’Infinito De Sanctis si sbagliava – eh, succede anche ai migliori. E del resto c’è la Ginestra. Come può aver avuto cedimenti mistici uno che ha una visione così bella, e così attiva, così politica dell’umanità?

Con ogni probabilità la prima testimonianza storica di una politica dell’umanità (in due sensi: un imperatore che fa una politica umanitaria e un imperatore che considera l’umanità intera) sono gli editti di Ashoka. Dietro i quali c’è il cedimento mistico buddhista.

Il poliziotto e l’insegnante

All’età di diciotto anni ho fatto il concorso in Polizia. Ricordo un viaggio in treno di notte, nel corridoio, una mattina al foro romano e un pomeriggio all’hotel Ergife a mettere crocette su un foglio – mi si chiedeva tra l’altro, ricordo, cos’è l’echidna – cercando di non addormentarmi. Lo superai. E per qualche giorno, dunque, mi chiesi se quella non fosse la mia via. Una uscita assolutamente onorevole per uno della mia classe sociale; e del resto il mio professore di musica a lungo aveva cercato di convincermi a lasciare la scuola, evidentemente così poco efficace con me, per fare il poliziotto, un lavoro che, in difetto di qualità intellettuali, avrebbe potuto mettere a buon frutto le mie qualità fisiche.

Decisi di no, alla fine. Avevo cominciato l’università e i primi due esami erano andati molto bene. Forse qualche qualità intellettuale c’era.

Ho ripensato a quel bivio in questi giorni. Alcuni studenti manganellati dai poliziotti in una manifestazione pacifica. Una cosa che ha indignato tutti gli insegnanti. E nei comunicati delle scuole emerge una certa visione della scuola come alternativa radicale alla violenza: il luogo in cui ci si educa al dialogo, alla nonviolenza, al confronto costruttivo, ai valori democratici: eccetera.

Ora, sarà per colpa di quel bivio, ma mi capita spesso di pensare che io e il poliziotto che avrei potuto essere procediamo in parallelo, se non proprio fianco a fianco. È colpa anche, a dire il vero, di Althusser e della sua teoria degli Apparati Ideologici di Stato. Mi capita di chiedermi se, oltre a lavorare entrambi per lo Stato, non si faccia entrambi, in fondo, la stessa cosa: difendere, puntellare, giustificare lo stato di cose esistente. L’assetto sociale, le stratificazioni di classe, le differenze di status, le intermittenze del riconoscimento. Per dirla con Galtung, che è venuto a mancare qualche giorno fa: la violenza strutturale. E, per aggiungere Galtung ad Althusser, siamo sicuri di non avere a che fare, in quanto insegnanti, con quella violenza culturale che giustifica e fonda sia la violenza strutturale che quella fisica?

Continue reading “Il poliziotto e l’insegnante”

Chi è responsabile del genocidio dei palestinesi?

Non mi sento personalmente responsabile del governo di Meloni e Salvini. Non mi sento personalmente responsabile, a dire il vero, di nessuno dei governi che ho visto succedersi negli anni in questo Paese politicamente così infelice; nel caso di Meloni, anche meno, perché per contrastare l’eventualità di un suo governo ho anche votato un partito lontanissimo da me come il PD – turandomi il naso, come diceva quel tale.

In generale, ritenere che un popolo sia responsabile, in solido, delle azioni del suo governo vuol dire accettare una identificazione di popolo e governo che è già fascista. Sono dunque ben lontano dal ritenere che gli ebrei siano responsabili del genocidio di Gaza. E tuttavia, quando il governo israeliano compie un genocidio dei palestinesi per punirli dell’azione di Hamas sta facendo propria esattamente questa identificazione tra popolo e organizzazione politica che è evidente anche nelle recenti (19 febbraio) dichiarazioni della ministra May Golan durante un dibattito alla Knesset: “I am personally proud of the ruins of Gaza and that every baby, even 80 years from now, will tell their grandchildren what the Jews did”.

What the Jews did. Quello che hanno fatto gli ebrei.

Io spero vivamente che tra ottant’anni si racconti il genocidio di Gaza. Sono sicuro che lo racconterà ogni palestinese, o almeno lo faranno quelli che sopravvivranno al genocidio. Spero che a farlo siano anche gli altri, magari grazie a una giornata della memoria – dal momento che non siamo capaci di giornate dell’attenzione, immagino che compenseremo con la memoria della nostra distrazione. Mi piacerebbe che si ricordasse che Israele ha compiuto un genocidio, e non che a farlo sono stati gli ebrei. Perché significherebbe dar ragione a questi criminali di Stato.

Lo stupro di una donna che ha bevuto

Valeria Di Napoli, aka Pulsatilla, ha avviato un blog su Substack, Regina di Spade, in cui tenta tra l’altro una narrazione diversa dei rapporti di genere. L’ultimo articolo tratta il tema delicatissimo dello stupro di una ragazza che ha bevuto (rispondendo a un articolo di Andrea Casadio su “Domani” che non ho avuto modo di leggere, non essendo abbonato a quel giornale). Lo fa in un modo che ritengo inaccettabile, per ragioni che proverò a spiegare facendone una analisi dettagliata; dovrò ricorrere dunque ad ampie citazioni del suo articolo, che naturalmente vi invito a leggere.

Pulsatilla esordisce così:

Nella narrazione e nella ricostruzione dello stupro, di qualsiasi stupro, trovo che vengano fatti degli errori sistematici di bidimensionalità: si mira a dividere i buoni dai cattivi invece di mettere l’accento sulle risorse evolutive delle donne che hanno subìto la violenza. Il discorso sullo stupro si risolve quasi sempre dicendo che lui era un carnefice e lei era una vittima, ergo lui va punito, lei va difesa. Mai, mi risulta, vengono forniti alla donna degli strumenti di protezione o di crescita. Gli unici strumenti che le vengono forniti sono quelli della denuncia.

Cos’è un discorso sullo stupro? L’espressione può includere diverse cose. In primo luogo la sua ricostruzione e narrazione giornalistica. Poi la narrazione che ne viene fatta in tribunale, che come sappiamo ha modalità spesso umilianti per la vittima. Infine la narrazione che ne fa la vittima stessa al di fuori del tribunale, nei casi in cui decida di farlo, ad esempio scrivendo lei stessa articoli o libri sulla sua esperienza. Continue reading “Lo stupro di una donna che ha bevuto”

Due visioni

Questo mondo è atomi e vuoto, un infinito meccanismo che nulla sa degli individui che travolge ad ogni istante, senza che la vita di un essere umano valga più di quella di un insetto. Una trama di processi chimici e fisici, in cui la vita compare come fenomeno tra gli altri, e per di più come fatto violento; in cui ogni essere deve sopprimere altri esseri per sopravvivere.

Poiché un simile universo ci insegna che nulla siamo, vivere consapevolmente è questo: sapere che nulla siamo. Saperlo davvero. Essere un punto provvisorio di incontro di processi che ci trascendono.

Oppure.

Questo mondo è atomi e vuoto. Processi ciechi che travolgono in ogni istante le vite. Ma: la vita ha valore. Non posso accettare che un essere muoia. Non posso accettare un mondo che sopprime in ogni istante ciò che ha valore. Mi ribello al mondo in nome del valore di questo essere qui – di questo bambino o di questo fiore che domani sarà già appassito. Esigo un mondo altro. E so che non c’è, ma aderisco ad esso, vivo in questo mondo come uno che appartiene a un mondo altro assente – un mondo stupito d’erba e d’innocenza.

È possibile che siano una sola visione? Amare la necessità, dice Simone Weil. La più difficile forma di amore. Amare ciò che è il contrario dell’amore.

Una madre

Gli atomi sono tutti diversi tra loro per la forma e per l’aspetto. Lo dimostra, tra l’altro, il fatto che gli esseri viventi di una stessa specie non sono mai del tutto uguali tra loro. Questo tema introduce uno dei passi più commoventi del De Rerum Natura; uno dei pochissimi momenti in cui il mondo latino esprime una sincera compassione nei confronti del mondo animale. Per una mucca suo figlio non è un vitellino qualsiasi, e quando le viene sottratto, per sacrificarlo agli dei, la sua disperazione non è diversa da quella che potrebbe provare una madre. Si tratta anche di una ripresa, questa volta con protagonista un animale, del tema della scelleratezza cui conduce la religione, trattato in un passo ugualmente memorabile del libro I, quello del sacrificio di Ifigenia (tradotto qui).

Spesso davanti agli splendidi templi
degli dei, sugli altari profumati
d’incenso viene ucciso un vitellino:
un caldo fiume di sangue gli scende
355 dal petto. Ma la madre, desolata, 
percorre senza sosta i verdi anfratti
cerca dovunque la bifida impronta
getta lo sguardo inquieto in ogni luogo
se mai vi fosse il cucciolo amatissimo
e si ferma e muggisce tanto forte
da riempire l’intero bosco intorno 
e ritorna alla stalla, e poi ancora, 
360 straziata dall’assenza di suo figlio,
e né i teneri salici né l’erba
vivida di rugiada né il ruscello
che scorre giù, carezzando la riva,
possono darle alcun conforto o toglierle
la sofferenza che le invade l’animo;
365 né può distrarla o alleviare il dolore
la vista di altri vitelli nel campo
rigoglioso: perché quello che cerca
è proprio suo e lo conosce bene.

[Per il progetto di traduzione del De Rerum Natura e la licenza rimando al sito.]

Microteoria

Microteoria: Dio in Occidente è stato il puntello, l’impalcatura, l’esoscheletro dell’io. Per cui la morte di Dio porta con sé, necessariamente, la morte dell’io. Dio è morto, l’io è morto. Dall’ateismo all’anantropismo. Cioè: la mistica è l’esito inevitabile dell’ateismo (da Nietzsche a Simone Weil).

Dove ci conduce il desiderio

Per l’epicureo Lucrezio se non ci fosse una lievissima declinazione degli atomi non sarebbe comprensibile la nostra libertà: il fatto che non siamo spinti semplicemente dal mondo, cose tra cose, ma possiamo esprimere una nostra volontà, per quam progredimur quo ducit quemque voluptas (II, 258). Siamo esseri liberi perché andiamo dove ci conduce il desiderio. E la contraddizione sembra evidente. Il desiderio non è quella forza che ci conduce contro la nostra volontà verso quella schiavitù, quella follia erotica che lo stesso Lucrezio ha descritto in modo indimenticabile nel quarto libro del De Rerum Natura

Ma Lucrezio è chiaro:

Nec Ueneris fructu caret is qui vitat amorem,
sed potius quae sunt sine poena commoda sumit.
(IV, 1073-1074)

L’amore e il sesso sono due cose diverse. Il sesso è piacere, l’amore una follia. Si può, si deve godere del sesso senza la degenerazione dell’amore. È possibile sempre godere liberamente dei piaceri della Natura. E la libertà consiste proprio in questo: nel sottrarsi ad altri piaceri, che causano invece schiavitù. Il desiderio che ci distrugge non è quello legato alla Natura, ma quello che viene dalla Società. Ed è per questo che Lucrezio è oltre Schopenhauer. Le nostre sofferenze non provengono da una Volontà naturale che ci usa per perpetuare sé stessa, ricorrendo al piacere sessuale. La sofferenza che tutti proviamo è invece il risultato dell’azione su di noi della Società, che ci spinge a ricercare costantemente piaceri non naturali né necessari, il cui conseguimento non dà alcuna soddisfazione reale, e che ci riduce in quella condizione infelice, anzi tragica che il poeta latino tratteggia all’inizio del secondo libro. In questo senso il desiderio e il piacere hanno un carattere di liberazione: riaffermando la Natura contro la Cultura, il corpo contro la società.

Il senso di Salvini per gli italiani

Con il consueto equilibrio Matteo Salvini ha commentato il caso di Ilaria Salis, la donna italiana condotta in tribunale con i ceppi in Ungheria perché accusata di aver aggredito dei neonazisti durante una manifestazione. S’è detto scandalizzato, Salvini, perché “questa Salis” fa la maestra: lui ha evidentemente un’altra idea di come dev’essere una brava maestra italiana. E la cosa non sorprende. Quello che un po’ sorprende, perfino in Salvini, è che abbandoni del tutto, perfino cercando di screditarla con una notizia falsa (quella di una passata aggressione a un banchetto della Lega, per la quale la donna è stata assolta), una cittadina italiana:

Ma quella donna se è colpevole deve pagare. E se il reato l’ha commesso in Ungheria deve essere processata in Ungheria. La sinistra ci dice sempre che dobbiamo rispettare la magistratura, ecco, allora rispettino anche la magistratura ungherese.

Non si può fare a meno di ripensare alla reazione ben diversa che Salvini ebbe quando il Tribunale del Mare condannò a restare per altri due anni in India i due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, che in India non avevano malmenato qualche neonazista, ma avevano ucciso due pescatori. Allora i giornali lo descrivevano come “sconcertato e infuriato”. Al Tempo aveva dichiarato:

Continue reading “Il senso di Salvini per gli italiani”