Tre studenti si sono rifiutati di sostenere l’orale degli Esami di Stato. Tre studenti su 524.415: una proporzione che dovrebbe scoraggiare chiunque volesse farne un caso. E invece è uno dei temi caldi dell’estate. Ed è naturalmente un bene che sia così: di scuola, e di esami di Stato, è urgente parlare. O meglio: sarebbe urgente parlarne in modo attento, critico, anche con qualche coraggio. Parlarne in modo leggere e irresponsabile – ed è quello che accade, ancora una volta – non fa che aggravare la malattia di una istituzione che ha sempre più i tratti di un malato grave che si rifiuta di accettare la diagnosi e di avviare le terapie.
Sono pochi gli interventi che in questi giorni abbiano preso in considerazione davvero le motivazioni di quegli studenti. Pochi, cioè, hanno visto in quella scelta l’occasione, rara, di far partecipare anche gli studenti a un discorso pubblico sulla scuola che passa costantemente sopra di loro. Di scuola parlano tutti, per lo più ostentando un certo disprezzo della pedagogia e delle scienze dell’educazione; manca la voce di chi è ogni giorno per cinque ore seduto dietro a un banco. Le reazioni degli adulti sembrano dire una cosa chiara: gli studenti non devono parlare. Stiano zitti e buoni. Lascino fare ai grandi.
C’è chi dice che si tratta di studenti furbi, che si sono fatti per bene i loro conti e hanno capito che era meno faticoso portare a casa il risultato senza sottoporsi a una prova faticosa. Qualche altro assicura che sono studenti con alle spalle famiglie facoltose, che possono permettersi quindi di uscire dalla scuola superiore con un voto basso, tanto poi ci pensano i genitori a sistemarli. Altri ancora sono certi che hanno agito per seguire una moda: e sfugge davvero come si possa parlare di moda per una scelta che riguarda meno di cinque studenti su più di cinquecentomila. Sono reazioni che rientrano in quella fallacia logica che si chiama argumentum ad hominem: non si prende in considerazione l’argomento dell’altro, ma lo si squalifica. Continue reading “La scuola e la visione aziendale della vita”