Peppe Sini, la nonviolenza e l’anello debole

Peppe Sini replica al mio La nonviolenza si è fermata, su “MicroMega”, protestando. Nel mio articolo ho scritto che lui, Sini, nell’intervento che ho preso in esame e da cui sono partito per ragionare della nonviolenza italiana, “evita accuratamente di parlare di Putin”. No, protesta Sini, questo non è vero. Perché già nella terza riga ha scritto che occorre “continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato”. Il problema è, appunto, che parla di chi la guerra ha scatenato, ma non fa il nome di Putin. Come se solo nominarlo fosse difficile. Mentre poco dopo dice:

Con l’azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l’organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.

La Nato dunque è scellerata, terrorista e stragista. Perché mai un lettore non dovrebbe pensare che è questa organizzazione criminale, nell’analisi di Sini, ad aver scatenato la guerra?

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Un anno di guerra

Un anno dopo l’inizio della guerra in Ucraina sono evidenti la catastrofe della Russia e la bancarotta del pacifismo.

Un anno di guerra contro l’Ucraina. Trecentosessantacinque giorni di stragi, distruzioni, sequestri di bambini ed altre atrocità. Un anno insanguinato per l’Europa e il mondo. Più di un secolo indietro per la Russia. Perché il danno che criminali come Putin e Kirill stanno facendo alla Russia è di gran lunga maggiore del danno che stanno facendo all’Ucraina.

Più di cento anni indietro. L’impressione è che la Russia, non riuscendo a fare i conti con il suo passato comunista, abbia deciso semplicemente di rimuoverlo. E di tornare, dunque, a quello che c’era prima. Seguendo il dibattito attuale in Russia – che ha, soprattutto nelle televisioni, tratti di vera e propria follia di massa – l’impressione è di ritrovarsi catapultati nella Russia di Dostoevskij. E di sentir parlare il suo idiota, quel principe Myskin che affermava: ’Bisogna che il nostro Cristo risplenda a difesa contro l’Occidente, un Cristo che noi abbiamo conservato e che loro non conoscono!” Il Cristianesimo ortodosso, la santità e la purezza della Russia contrapposti spiritualmente alla corruzione che viene dall’Occidente. Una spiritualità che naturalmente è destinata a degenerare nella più atroce violenza. Continue reading “Un anno di guerra”

I Testimoni di Geova, Tolstoj e la Russia di Putin

L’unico commento che ho letto sui social network è quello di un cattolico. “Svegliatevi”, seguito da una faccina sorridente. Per il resto, silenzio. Silenzio anche da parte di chi è più sensibile ai diritti civili, di chi quotidianamente si preoccupa di gay, Rom, minoranze di ogni genere. Passa sotto silenzio, come se non ci riguardasse, la notizia che la Corte suprema russa ha messo al bando su tutto il territorio nazionale i Testimoni di Geova. Equiparati ai terroristi in quanto “estremisti”, i Testimoni di Geova rischieranno il carcere da sei a dieci anni se continueranno nel loro culto, e i loro beni saranno confiscati. Come sotto il comunismo.
Non sono simpatici, i Testimoni di Geova. Fanno proselitismo in modo fastidioso, bussano alla porta di casa la domenica mattina, ti fermano per strada per parlare di Dio. Credono in cose assurde e lo fanno con una convinzione che sfiora il fanatismo. Credono di seguire la Bibbia in modo meno ipocrita degli altri cristiani, ma si guarderebbero bene dall’uccidere gli omosessuali, come vuole la Bibbia (Levitico, 20, 13). Si vantano di conoscerla, la Bibbia, ma se chiedi loro di Mosè che comanda si uccidere donne e bambini (Numeri, 31, 17) restano confusi, e ti guardano perplessi quando fai notare loro che per Giobbe se avvenisse una calamità che facesse morire in un istante molte persone, Dio “si farebbe beffe della medesima disperazione degli innocenti” (cito dalla Traduzione del Nuovo Mondo, usata dai Testimoni di Geova).
Credono in cose assurde, ho detto; esattamente come i credenti di tutte le religioni. In loro difesa, si può dire che non hanno appoggiato regimi feroci come quello fascista e nazista, non hanno benedetto armi, non hanno brigato per prendere il potere e governare di fatto una nazione, come è avvenuto in Italia ai cattolici con la Democrazia Cristiana, un partito che si è dissolto in una nube di corruzione; né si hanno notizie di terroristi che si fanno saltare in aria urlando “Geova è grande”. Sappiamo invece che diecimila Testimoni di Geova sono finiti nei campi di concentramento nazisti, e duemila e cinquecento di loro sono stati uccisi. Sappiamo, ho detto. Ma lo sappiamo davvero?
Cosa c’è dietro questa nuova persecuzione? Come altre confessioni minoritarie cristiane, i Testimoni di Geova si sforzano si praticare la nonviolenza evangelica. A dire il vero, la tradizione cristiana ha abbastanza tempestivamente corretto il Vangelo su questo come su altri punti, giungendo a giustificare la guerra, purché naturalmente si trattasse di guerra “giusta” (e quale non lo è nella percezione di chi la fa?). L’affermazione del cristianesimo deve molto a queste correzioni, alla base delle quali c’è il mutato atteggiamento verso le autorità. “Ogni persona si sottometta alle autorità che le sono superiori. Non esiste infatti autorità se non proviene da Dio; ora le autorità attuali sono stabilite e ordinate da Dio. Di modo che, chi si ribella all’autorità, si contrappone a un ordine stabilito da Dio”, scrive Paolo nella Lettera ai Romani (13.1-2). Cito da una traduzione cattolica; i Testimoni di Geova traducono “ogni anima” invece di “ogni persona”, e se ne può comprendere la ragione. Fedeli al Vangelo, i Testimoni di Geova rifiutano di prestare servizio militare, ed anche in Italia sono stati i primi (dimenticati) obiettori di coscienza. Interpretando quel passo di Paolo, ritengono che essere cristiani significhi non collaborare con le autorità dello Stato, pur rispettandole formalmente. Noncollaborazione è il termine esatto. Non si tratta per loro di opporsi, di ribellarsi, ma semplicemente di non prendere parte. “Non esercitiamo pressioni politiche, non votiamo a favore di un partito o dei relativi rappresentanti, non ci candidiamo per incarichi governativi e non partecipiamo ad azioni sovversive. Siamo convinti che la Bibbia contenga valide ragioni per prendere questa posizione”, scrivono nel loro sito Internet. Alla base di questo atteggiamento c’è la contrapposizione tra i regni e i sistemi politici di questo mondo e il Regno di Dio. E’ una posizione che, in ambito cristiano, si pone agli antipodi della teologia della liberazione cattolica, per la quale bisogna impegnarsi affinché la realtà storica, economica e politica incarni i principi evangelici, affinché cioè il Regno di Dio annunciato dal Vangelo diventi realtà effettiva già in questo mondo. Per i Testimoni di Geova ogni impegno politico finisce per tradire la purezza della promessa, che non può realizzarsi che in una dimensione escatologica. Sono idee molto vicine a quelle che espresse un grande russo, Lev Tolstoj, nella sua più importante opera filosofica: Il Regno di Dio è in voi (1893). Con la differenza che Tolstoj dava alla nonviolenza evangelica un significato apertamente eversivo, come leva per rovesciare un sistema di dominio che aveva nella Chiesa ortodossa un tassello fondamentale, e di cui erano vittime le grandi masse contadine con la loro fede ingenua. Per le sue idee Tolstoj fu scomunicato dal Santo Sinodo; una scomunica che non è mai stata revocata, ed è stata anzi confermata nel 2010, in occasione del centenario della morte.
“Dominare vuol dire violentare, violentare vuol dire fare ciò che non vuole colui sul quale è commessa la violenza, e certo ciò che non vorrebbe sopportare colui che la commette; per conseguenza, essere al potere vuol dire fare ad altri ciò che noi non vorremmo che fosse fatto a noi stessi, cioè fare del male“, scriveva Tolstoj, sintetizzando in poche efficacissime righe le ragioni del suo anarchismo (Il Regno di Dio è in voi, Bocca, Roma 1894, p. 260). Negare la libertà religiosa è una delle forme più vili di questa violenza sistemica. E il fatto che nella Russia di Putin un cristiano non ortodosso possa finire in carcere per la sua fede dimostra che quel sistema di dominio denunciato dall’autore di Guerra e pace è ancora oggi più solido che mai.
Pubblicato su Gli stati Generali, 21 aprile 2017.