Tonino è morto, e l’avete ucciso voi

Si è suicidato questa notte, Tonino Intellicato. Un bel po’ di farmaci questa volta sono stati sufficienti. Aveva quarant’anni. Ci aveva provato più volte, a farla finita. Nel 2012 si era buttato giù dalla finestra dell’ospedale in cui era ricoverato. Riferiscono le cronache che l’anno prima ci era finito, in ospedale, perché accoltellato dal fratello. Diciannove coltellate, da parte di chi avrebbe dovuto proteggerlo, sostenerlo, aiutarlo ad andare avanti. Ed invece – vittima in fondo anche lui – non ha retto la vergogna, il peso dello sguardo e del disprezzo. Perché Tonino era gay. Anzi no: ricchione. Una parola che a Cerignola, come altrove, equivale ad una condanna. Una parola che anni fa uccise, sempre a Cerignola, Francesco Quarticelli, freddato con tre colpi di pistola alla testa dal padre. Anche lui, pover’uomo, non poteva accettare di avere un figlio ricchione.
Quello di Tonino, bisogna dirlo chiaro e forte, bisogna dirlo con rabbia, non è stato un suicidio. Tonino è stato ucciso, non diversamente da Francesco. Perché quando la tua vita diventa impossibile, quando hai addosso uno stigma che fa di te un essere subumano, degno solo di derisione e di disprezzo, quando ogni possibilità di felicità, anzi di una vita appena accettabile, è sbarrata dal pregiudizio, allora la tua morte è una morte annunciata. Voluta. Farti fuori è la conclusione logica ed esistenziale di anni di esclusione e di sofferenza.
Tonino è stato ucciso. Ed è stato ucciso da persone che hanno un nome ed un cognome. Tonino è stato ucciso da quelli che credono in un libro scritto decine di secoli fa, nel quale si legge che i gay devono essere messi a morte, e per questo non possono accettare che le persone omosessuali vivano felici; ed è stato ucciso anche da quegli altri che non condividono l’omofobia della Chiesa, ma non fanno niente per esprimere il loro dissenso. Tonino è stato ucciso dai professionisti dell’odio, da quelli che sfogano le loro frustrazioni sui soggetti deboli – i Rom, gli stranieri, ed i gay – nascondendosi dietro la libertà d’opinione. Tonino è stato ucciso da chi, in questo paese, diffonde odio perché l’odio paga. La morte di Tonino è uno degli indicatori dello stato civile di un paese nel quale l’unica cosa che cresce è l’odio. L’economia è bloccata, la cultura ristagna, la politica langue: ma l’odio cresce. A meraviglia. A dismisura. Odiamo come mai abbiamo fatto. Vogliamo sacrifici. Vogliamo sangue, vogliamo morte.
Qualche giorno fa si è tenuto a Foggia il Puglia Pride. Nessuno l’avrebbe mai detto, solo qualche anno fa, che fosse possibile una cosa del genere in una città omofoba. E’ il risultato del lavoro fatto da singoli ed associazioni, con coraggio, con determinazione. Il sindaco non vi ha partecipato. Prima della manifestazione, ha rilasciato un comunicato alla stampa nel quale auspicava che la manifestazione non avesse “episodi di volgare folklore”. Evidentemente immemore, il sindaco, degli episodi di volgarissimo folklore che caratterizzano le feste tradizionali foggiane, da quella di Sant’Anna a quella del Carmine Vecchio. E’ stata invece una bella festa, partecipatissima, pacifica nei toni e composta nelle rivendicazioni, il cui successo è andato al di là delle stesse speranze degli organizzatori. Un segno che qualcosa, anche nel profondo sud, sta cambiando.
A frenare gli entusiasmi alcuni commenti letti su Facebook. Il signor L. M. ad esempio scrive: “La cosa che più fa schifo.. È l’ostentazione di questi soggetti… La tua sessualità te la vivi a casa tua per infatti tuoi… Roba da matti pretendono il rispetto ma sono i primi a nn darlo”. G. O. aggiunge: “Hanno permesso questo a Foggia è finito tutto”. Il signor E. G. che: “mettere in evidenza in questo modo la propria diversità credo sia una cosa squallida”. E R. L: : “una città di kekke”. Potrei continuare.
“E’ finito tutto”, dice quel tale. Sarebbe bello potergli dare ragione. Sarebbe bello poter credere che quella manifestazione ha dimostrato che quelli come lui sono stati messi in minoranza, in una delle città più omofobe d’Italia. Ma la morte di Tonino viene a dirci che le cose non sono così semplici. Che la lotta contro questi maledetti, mandanti morali dell’omicidio di Tonino, è ancora lunga. E difficile.

Articolo pubblicato su Gli Stati Generali il 9 luglio 2015.

Soggetti pericolosi

Stai passeggiando per una città d’arte, quando vieni avvicinato dalla polizia. Vogliono sapere che ci fai da quelle parti. Domanda strana: quella città, proprio perché è una città d’arte, è piena di gente che viene da ogni parte del mondo; e proprio a te vengono a chiedere che ci fai? Alla domanda, dunque, rispondi con un volto incredulo: e non è la risposta che a polizia si aspettava. E allora ti portano in Questura. 
Detto così, sembra l’inizio di un racconto kafkiano. Tutto acquista un senso, evidentemente, se si specifica che le protagoniste di questa vicenda sono di etnia Rom. Due ragazze Rom di di 21 e 26 anni, informa la polizia di Siena, sono state fermate nei pressi della Fortezza Medicea e, poiché “non hanno saputo giustificare la loro presenza nella nostra città”, sono state accompagnate in Questura. Evidentemente questa cosa di non saper giustificare la propria presenza da qualche parte dev’essere grave. Può essere che i poliziotti si siano offesi, perché le due ragazze non si sono lasciate andare ad elogi della città di Santa Caterina, delle sue bellezze e del cuore grande che ti apre, come assicura la scritta su porta Camollia. Alla ricerca d’una risposta, si sono messi a rovistare nell’automobile delle due ragazze, nella quale hanno trovato qualcosa di terribile: dei cacciavite. I quali, notoriamente, non sono aggeggi che servono per stringere le viti, e che come altri aggeggi di ferramenta possono tornare utili quando si è alla guida di un’automobile, ma attrezzi da scasso. Dal controllo emerge anche che l’automobile ha l’assicurazione scaduta. Brutta cosa, per la quale l’automobile è stata sequestrata e la proprietaria multata. Provvedimento doveroso e giusto. Ma come si giustifica l’ulteriore denuncia e il provvedimento di allontanamento da Siena per tre anni? “A seguito degli accertamenti svolti dalla Polizia Anticrimine della Questura, sono state infatti, ritenute persone pericolose per la sicurezza pubblica, anche perché entrambe non avevano alcun legame con il territorio, né svolgevano attività lavorativa nella nostra città”, si legge nel comunicato della Questura. 
Ragioniamo. Queste due ragazze sono state allontanate perché ritenute pericolose dal momento che “non avevano alcun legame con il territorio“. E allora? Hanno qualche legame con il territorio le decine e decine di giapponesi, tedeschi, inglesi che ogni giorno invadono le strade e le piazze di Siena? Per visitare una città, occorre avere un legame con quella città, oppure lavorarci? Può essere che ci siamo distratti: chi e quando ha stabilito che la libertà di circolazione può essere limitata dalla polizia se manca il “legame con il territorio”? Da chi e quando è stato stabilito che ci si può spostare solo verso luoghi con i quali abbiamo legami? Quando abbiamo perso la libertà di andare dove ci pare? Le due ragazze, definite senz’altro “ladre” nel comunicato della Questura, erano “probabilmente intenzionate a commettere furti in abitazione”. Che novità è questa, di punire qualcuno in base alle sue intenzioni? O meglio: in base a quelle che la polizia ritiene essere le sue intenzioni? Non per quello che ha fatto, ma per quello che vorrebbe o potrebbe fare? Chi e quando ha stabilito che si può essere destinatari di un provvedimento di allontanamento non se si possiede un’arma, anche non da fuoco, ma per il possesso di qualcosa che potrebbe servire, anche in modo improprio, per compiere un crimine? Quando e come abbiamo perso la libertà di andarcene dove ci pare senza dar conto a nessuno, e di portare dei cacciavite nell’automobile? 
Non l’abbiamo persa, in realtà. Possiamo andare dove ci pare, anche a Siena, se ci aggrada. Sostare alla Fortezza Medicea, andare al mercato alla Lizza, prendere il caffè da Nannini. Nessuno ci chiederà mai nulla. Possiamo tenere nel bagagliaio dell’automobile cacciavite, il cric e tutta la ferramenta che ci pare. Non siamo soggetti sospetti, noi. Non dobbiamo giustificare la nostra presenza da nessuna parte. 
Non siamo Rom, noialtri.
Articolo per Gli Stati Generali.