C’è una bestemmia molto più grave di qualsiasi vignetta di Charlie Hebdo, una bestemmia che colpisce al cuore qualsiasi religione. E’ la bestemmia per la quale Gesù Cristo è stato mandato sulla croce dagli ebrei. E’ la bestemmia per la quale ad Al-Hallaj i musulmani fecero subire, nell’ordine, i seguenti supplizi: amputazione delle mani e dei piedi, crocefissione, decapitazione. E dopo morto diedero il suo corpo in pasto alle belve. La colpa di Cristo e di A-Hallaj, “Cristo dell’Islam”, è quella di aver detto: “Io sono Dio.” La colpa di aver superato quell’alienazione religiosa che fa credere che Dio sia qualcosa che può essere creduto, o che dev’essere pregato, e non qualcosa che si può essere. Che si deve essere. Che da sempre siamo.
Dalla bestemmia del Cristo i cristiani – la cui stessa esistenza è una bestemmia – si sono difesi facendo del Cristo un altro Dio, un altro Altro da venerare: un’altra via di alienazione religiosa. Quei pochi che hanno capito, sono diventati a loro volta bestemmiatori. Ed hanno subito a loro volta il supplizio – come Margherita Porete – o l’hanno evitato per poco, come Meister Eckhart. Si venera il Cristo crocifisso, evitando di prendere la croce (o prendendola in senso penosamente metaforico: sopportare i dolori, e sciocchezze simili). Su questo equivoco si fondano due millenni di alienazione religiosa occidentale.