Nelle scienze umane le storie di vita sono uno strumento fondamentale per indagare a fondo il cambiamento sociale. Come è cambiata nel tempo la vita delle persone? Quali erano i valori condivisi qualche decennio fa? Quali le condizioni di vita? In che modo la vita dei singoli si lega ai grandi eventi storici? Per rispondere a queste e ad altre domande si può chiedere alle persone anziane di raccontare semplicemente la propria vita, con un tipo di intervista che lascia grande libertà all’intervistato, con domande che servono solo a stimolare il racconto ed a far sì che non tralasci punti importanti.
Poiché queste storie di vita sono anche un modo per ascoltare la voce degli anziani, che nel nostro mondo si avverte sempre più debolmente, ho spesso proposto ai miei studenti del liceo “Roncalli” di Manfredonia di intervistare i loro nonni, nell’ambito del corso di Metodologia della ricerca. Il risultato è spesso una narrazione di grande interesse, anche piacevole da leggere, uno spiraglio su un passato che è dietro l’angolo, ma che sembra dimenticato. Dopo il boom economico il nostro paese ha rimosso letteralmente il suo vissuto di povertà, di sofferenza, di emigrazione; gli anziani sono diventati dei testimoni scomodi di un mondo con cui non vogliamo più avere a che fare.[read more]
Qui di seguito propongo una di queste narrazioni. Si tratta della storia di vita di Lorenzo di Mauro, nato a Mattinata nel 1934. Ad intervistarlo la nipote Giusy Bisceglia.
Puoi parlare dei primi ricordi, l’infanzia, la famiglia, i giochi, la scuola…?
Non esistevano… Non gioco e no niente… Che gioco dovevamo avere prima? Che ci stava? Non ci stava niente. Non ci stava manco la sedia.
La scuola non l’hai frequentata?
Un anno e mezzo di scuola ho fatto. Il motivo perché è morto mio padre. Mio padre è morto a trentun anni, io non ho potuto andare a scuola per motivi di soldi, che non ci stava la lira, non ci stava niente, mia madre era sola, perciò non ho potuto andare a scuola, sono stato sotto a un padrone a lavorare, perciò ho dovuto rifiutare la scuola per andare a lavorare, perché non c’era niente da mangiare, non avevo dei genitori, mia madre era sola, e mia madre per darci a mangiare a noi andare a lavare della roba per guadagnare qualcosa.
Come vestivi da giovane?
Da giovane mancava tutto, mancavano i divertimenti, non ci stava niente, da giovane posso dire una cosa io, che i divertimenti non esistevano proprio, non esistevano proprio i divertimenti, e io posso dire che in quell’anno e mezzo di scuola che ho fatto sono stato vestito da balilla, nel periodo fascista, tutto vestito nero, però… si stava bene come ordine, però il resto mancava tutto, non esisteva niente, esisteva molta povertà. Nel ’43 è stata la guerra e non ci stava niente da mangiare, ma niente di niente, e quando si comprava un po’ di grano, il grano, si metteva a cuocere il grano, si metteva un po’ di zucchero sopra e mangiavano il grano, perché mancava il pane, mancava la pasta, mancava tutto.
La sera quando andavo a letto non potevo dormire perché la pancia era vuota, avevo fame, non potevo dormire. E comunque la vita di prima non facciamo cambio con quella di adesso, perché adesso, adesso si butta il pane, ci siamo dimenticati il passato, però adesso il pane si butta perché c’è, ma prima mancava tutto tutto tutto. Durante la guerra non ci stava niente.
E tuo padre come è morto?
Mio padre è andato sotto le armi, dopo di cinque giorni che è venuto da sotto le armi l’ha preso un male di pancia e è morto con l’appendicite, il 1936 è morto, io avevo due anni. Quando sentivo di chiamare papà, tatà si diceva allora, agli altri bambini, io chiamavo pure io, e chiamando piangevo. Io vedevo che mia madre piangeva e dicevo “ma’, perché piangi” e mamma non diceva a noi “è morto tuo padre”, visto che noi ci siamo fatti un po’ grandi lo abbiamo capito, no? E comunque per me con quattro fratelli la vita è stata dura, siamo stati costretti sempre a lavorare, da piccoli, all’età di nove dieci anni stavamo già sotto i padroni a lavorare. E come andavo a scuola, se dentro la mia casa mancava tutto? Non soltanto dentro la mia casa, allora mancava dappertutto, allora le scuole le facevano quelli che avevano un po’ di soldi.
E i dottori non potevano curare l’appendicite di tuo padre?
No, è stato un dolore… così… subito, perché con l’appendicite a peritonite prima si moriva. Che poi il dolore che è venuto a mio padre è stato di sera, quando usciva la processione a Mattinata l’hanno operato, al ritorno della processione mio padre è morto.
Quando il dottore l’ha operato ha detto alla mamma, alla mia nonna, di andare a Monte Sant’Angelo a prendere il dottore, e mancavano pullman, non è che stava l’aereo come adesso che per prendere una medicina vai a Roma a prenderla, mancava tutto, e così è uscito la processione e l’hanno operato, e al ritorno della processione è morto, aveva trentun anni.
Ma parecchi morivano per l’influenza, anche?
Sì, sì, perché mancava tutto, mancavano i dottori, mancava… non è che ci stava l’ospedale come adesso, che adesso, che adesso un piccolo male e subito c’è il dottore, prima si faceva in casa, l’hanno operato in casa a mio padre, senza anestesia, niente. Si metteva la pentola dell’acqua bollente sul fuoco, si metteva la forbice dentro, gli accessori dentro, e il dottore operava. Tra parentesi a Mattinata a quell’ora ne sono morti tre o quattro, tanti anni fa, e comunque adesso come dottori, come ospedali, cose… adesso stiamo bene, ogni minima cosa siamo nell’ordine di essere aiutati, ma prima mancava tutto tutto tutto.
Avevi amici?
Io? Sì, ma prima uno come faceva a tenere gli amici, perché non è… uno può tenere gli amici se va all’asilo, e l’asilo, c’hai gli amici se uno va a scuola, e durante la scuola, quando esci dalla scuola c’hai gli amici, ma prima le scuole chi le faceva?
Andavi a lavorare, non potevi trovare qualche amico?
Sì, sì, mentre che lavoravi tutt’al più potevi avere un amico, due amici, tre quattro persone durante il lavoro, ma non come adesso, adesso c’è il pallone, si sente la partita al pallone, esci in piazza e trovi a centinaia gli amici, ma prima non esisteva proprio questo qua.
Tua moglie è stata la tua prima ragazza?
Sì, sì, mia moglie è stata la prima, la prima, e se ti dico perché mi sono sposato piccolo, perché ci siamo sposati piccoli, perché dentro a casa nostra, povera, non è che aspettavano che tu stavi fino a trent’anni e avevi la possibilità di avere il corredo, eh, soltanto il vestito che portavi addosso, perché mancavano i soldi per fare il corredo, tra parentesi io mi sono sposato perché… eh, la mia avventura è stata lunga, mio padre è morto a trentun anni, io avevo la mamma, e mia madre s’è sposata di nuovo, ha avuto tre figli, e cinque ne aveva il primo marito, e quattro ne eravamo noi, e due loro, quattordici persone, perciò io ho passato una vita in mezzo a quattordici persone, dentro una casa, e non è che ci stavano quattordici piatti, come adesso, un piatto ciascuno, si metteva in mezzo un piatto soltanto e si mangiava dentro quel piatto, quello che ci stava, e dovevi mangiare sempre al posto tuo, no che ti dovevi spostare dal posto tuo, ti dovevi mettere vicino al posto tuo con la forchetta in mano, dovevi mangiare sempre vicino al tuo posto, e non è che eri sicuro di mangiare, perché parecchie volte la pentola bolliva e mancava la roba da mettere dentro, l’acqua bolliva e mancava la pasta, mancava la farina, e io oppure qualche altro mio fratello andavamo al negozio, dicevo “signo’, ha detto mia madre mi puoi dare due chili di farina, che poi quando fa i soldi li porta”, e ti rispondeva “dì a tua madre che mi deve pagare ancora un chilo, due chili di prima”, perché non ci stava niente, insomma, la vita di prima è stata una vita… però una cosa era bella prima, che ci stava il rispetto familiare, un grande rispetto, quello che non c’è adesso, perché adesso sorelle e sorelle non si parlano, fratelli e fratelli non si parlano, un figlio se deve stare un mese senza andare a casa dei genitori, ci sono, invece prima no, prima i genitori non venivano lasciati soli, quel pezzettino di pane che ci stava veniva diviso tutti uniti, e se andava a terra un pezzetto di pane, quando si prendeva il pane si baciava, e dopo lo mettevi in bocca, invece adesso il pane lo trovi nei secchi della spazzatura, lo trovi per terra, nemmeno i cani lo mangiano, e io quando vedo queste cose qua, mi fa male il cuore veramente, e io lo prendo il pane e lo cerco di proteggere, di mettere da qualche parte, invece ci sono bambini che adesso il panino per terra lo prendono a calci, e non lo mangiano nemmeno i cani, perché ce n’è.
E’ stato difficile trovare lavoro?
Ecco, mo ti dico questo qua. Venticinque febbraio ’57 sono sposato, di giovedì, dopo di due settimane ho avuto la chiamata per partire all’estero, sono andato in Austria, e non avevo nemmeno il bagaglio, la valigia, da mettere la roba dentro, sono andato al negozio, dal tabaccaio, l’ho presa la valigia e… che poi quando sono andato là l’ho mandato i soldi della valigia, e mi è stato così duro di lasciare mia moglie due settimane sposata, quando sono arrivato a salire sulla montagna, mi sono girato dietro e ho guardato Mattinata. Ho pianto.
Ho pianto veramente. Poi sono andato a Verona, sono stato cinque giorni a Verona, poi sono partito in Austria, e andavo a lavorare dentro una fabbrica di marmo, con gli stivali ai piedi, con i guanti alle mani, e dentro una baracca, a dormire dentro una baracca, che poi piano piano ci hanno dato la sistemazione buona, e poi ho fatto sei anni ancora all’estero in Germania, sono stato ancora sei anni all’estero in Germania, e sono stato uno che… sempre attaccato alla famiglia, che anche in Germania di fronte al letto dove dormivo avevo il quadro con tutta la famiglia, di mia nonna, di mia moglie, dei figli e di tutto, tra parentesi all’estero non è che era bello starci, lontano dalla famiglia è la più cosa brutta di stare lontano dalla famiglia.
Dunque, quando sono partito in Germania io ero un operaio comune, ho fatto il contratto da manovale meccanico, e io non sapevo tenere nemmeno il martello in mano, sono andato nella fabbrica, quattro settimane nel reparto solo a guardare, e piano piano, piano piano, piano piano ci ho messo delle mani, ed ho imparato tante, tante cose, a distanza di un anno io lavoravo come i tedeschi, e mi davano la busta paga identica come i tedeschi.
E’ stato difficile imparare la lingua?
Per imparare la lingua… se uno c’ha tante scuole, non ci fa tanta attenzione, se uno non c’ha scuole, c’ha qualcosa così, ci fa tanta, tanta attenzione a imparare. Io ho imparato la lingua tedesca… un anno sono stato in Austria, e in Austria parlano il tedesco… quando sono partito in Germania mi hanno chiesto chi sa parlare il tedesco, e io perché sono stato già un anno in Austria, sapevo qualcosa, e sono andato a lavorare dentro questa fabbrica qua, e piano piano piano piano l’ho imparato, ma bene bene bene bene, che quello che mi chiedevano sapevo rispondere tutto, durante il lavoro lo stesso, tra parentesi… non dico il cento per cento, ma il settanta per cento, lo so parlare.
E poi dopo di tre anni che ho lavorato in fabbrica ho lavorato tre anni alla posta, all’ufficio postale, e prima di assumermi a lavorare mi hanno domandato alcune domande in tedesco, e io gli ho risposto bene, mi hanno preso a lavorare, ho lavorato tre anni all’ufficio postale a Stoccarda… tra parentesi mi sono trovato bene, ho imparato il tedesco, ho… ti so rispondere in tedesco anche quando uno sogna la notte… ti dico che ancora adesso che sono dal ’65 che sono tornato a casa lo so bene bene bene, non mi sono dimenticato di niente, perché ho lavorato per quasi vent’anni in campeggio pure, in campeggio ci stanno i tedeschi, ho avuto sempre contatti a parlare, a parlare, a parlare… in conclusione dei fatti il tedesco è difficile, però se uno c’ha la volontà, impara.
Quando sei tornato dalla Germania le condizioni di vita erano migliorate?
Sì, erano migliorate, ho comprato la casa, ho comprato un po’ di terreno, ho fatto tutto per tutto per i figli, ci siamo voluti sempre bene, siamo una famiglia unita, e tra parentesi la più che ho avuto troppo stretta è stata mia moglie, perché non ci siamo mai abbandonati, io le mandavo i soldi e lei li sapeva gestire.
Dopo la nascita dei figli ci sono state ancora difficoltà, altri sacrifici?
No, sacrifici non ce ne sono stati, perché si dice che nella famiglia numerosa ti aiuta Dio, però quello che mi ha lasciato perplesso è che io mi sono sposato, due settimane e sono partito in Germania, ritorno dopo un anno e trovo un figlio, a Matteo, in due settimane abbiamo costruito, e sono partito, dopo un anno vengo a casa e trovo un bambino, e il bambino quando mi ha visto prendeva paura di me, nel letto, diceva “questo qua chi è?”, e è stata una cosa dolorosa proprio, perché la lontananza dei figli… e poi venivo sempre in ferie nello stesso periodo e ho avuto cinque sei figli, sempre nella data di gennaio sono nati… Cinque, cinque figli tutti e cinque a gennaio.
Com’era Mattinata una volta?
Mattinata nel periodo della guerra era bella, era una farfalla come paese, era troppo bella, a Mattinata s’è costruito nel periodo quando hanno emigrato in guerra, e s’è costruito un po’ di Mattinata, s’è fatto più grande, poi quando che hanno cominciato a migrare al Belgio, in Francia e in Germania, Mattinata s’è sviluppata almeno almeno per dieci volte di quando era prima, perché emigrando i soldi si sono guadagnati e ognuno s’è fatto la casa, chi s’è fatto la casa, s’è fatto il terreno, c’è stato un miglioramento di vita, però adesso, adesso, non è più come una volta, adesso la casa dei giovani non la fa più nessuno, perché la Germania è finita, la Francia è finita, tutte le nazioni che abbiamo emigrato lavoro non ce ne hanno nessuna nemmeno per conto loro, e tra parentesi i giovani di oggi per traversare questa, questo passaggio qua è dura, tra parentesi si sposano anche di meno, adesso.
Ora si usa la convivenza…
Ecco. Perché… manca la possibilità, manca il lavoro, manca tutto… sì, fanno le scuole, ma anche che fanno le scuole, quando uno è fatto ragioniere, è fatto maestro di scuola, non prende il posto nemmeno a quarant’anni… e non è che un maestro può migrare in Germania, che ci va a fare in Germania, che in Germania lavoro non ce n’è più, deve emigrare al nord, e al nord se trova un posto di lavoro, se no… eh.. oggi è critica, stiamo meglio come mangiare, assistenza e tutto, però stiamo attraversando pure un periodo non tanto bello.
Quanti figli hai?
Ce ne ho nove. Per fortuna i figli che c’ho tutti otto sono sposati e uno non ancora, che i figli non è che c’hanno nove figli come ho fatto io, massimo due, per ogni figlio, tra parentesi tutti i nipoti ne sono diciassette, tra parentesi se avessero fatto nove come ho fatto io avrei ottanta nipoti, i figli adesso non si fanno più per la paura di portarli avanti, perché oggi i figli costano, anche allora costavano i figli, ma allora allora era un altro…
Ma non costavano di più i figli allora?
No no, a tenere la famiglia numerosa per me è stato… niente, ho attraversato una vita tranquilla, per nove figli, ti dico che io mi sono trovato bene, però sono stato un grande lavoratore, ho sempre lavorato, i figli sono stati sempre uniti a noi, hanno lavorato anche loro, portando i soldi a casa.
So che ti piace vedere i telegiornali, soprattutto la politica. Perché?
Vedi, io… se devo dire la verità… perché ho passato… il passato quando non esisteva pane, quando non esisteva niente, ho passato una vita brutta, che il padrone ha fatto sempre il suo interesse, ma io come operaio con i padroni so’ stato sempre un collaboratore, che collaboravo coi padroni, ma i padroni cercavano di fare sempre a non pagarmi, e sono stato sempre un sindacalista, ma sindacalista sono stato, che mi piaceva fare il mio dovere e pretendevo anche quello che mi spettava, tra parentesi adesso mi piace a sentire la politica, mi piace a sentire la politica, io no… se sto a Mattinata, se sto in casa, lo sento dieci volte al giorno il telegiornale, che mi piace a sentire, perché delle cose che stanno accadendo adesso, dei politici, sono poco quello che fanno nei riguardi del basso popolo, pensano sempre per i grandi.[/read]