Valditara e l’autorità

C’era una volta una scuola seria, rigorosa, in grado di favorire anche l’ascesa sociale dei poveri, perché offriva loro una reale preparazione. Poi è arrivato il Sessantotto, con il suo “vietato vietare”, e la scuola è stata travolta da un “facilismo amorale” che l’ha resa sostanzialmente inutile. È una sintesi de La scuola dei talenti di Giuseppe Valditara (Piemme, Milano 2024), attualmente a capo di quello che ha voluto chiamare Ministero dell’Istruzione e del Merito; ed il suo libro è, a sua volta una sintesi degli argomenti e dei luoghi comuni del discorso di destra sulla scuola. La formula del “facilismo amorale”, versione riveduta e corretta del “familismo amorale” di Banfied, piace molto a Valditara. La riprende da tale Mario Caligiuri, che sembra essere il suo pedagogista di riferimento, benché sia più noto per i suoi studi sui servizi segreti che per il suo contributo alla pedagogia. 

La scuola è diventata facile. Lo dimostra, per Valditara, il fatto che agli esami di Stato “la percentuale di promossi è stata nel 2023 pari al 99,8%”. Ed è certo singolare che un ministro se ne rammarichi: è un po’ come se un ministro della Sanità si lamentasse di una simile percentuale di guarigioni negli ospedali pubblici. Sarebbe bello, peraltro, se quel dato indicasse un successo sistematico del sistema di istruzione pubblica. Così non è, e Valditara lo sa bene. Senza accorgersi della contraddizione evidente, nota anche che la dispersione scolastica esplicita (percentuale di studenti che non raggiungono un diploma di scuola secondaria) è all’11,5% come media nazionale, ma con dati molto più gravi nelle regioni del Sud e nelle periferie delle grandi città. Non è vero dunque che la scuola è troppo facile. Per più di un studente su dieci, invece, è troppo difficile. Talmente difficile da non riuscire a terminarla. Il tasso di bocciature al diploma è così basso perché la selezione è avvenuta al primo biennio della secondaria.

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