Quelli che non la bevono

La parola apota fu creata all’inizio degli anni Venti da Prezzolini per indicare “quelli che non se la bevono”, una categoria di uomini in grado di sottrarsi al gioco delle contrapposizioni e considerare le cose con distacco, cercando la verità oltre le passioni di parte. La parola non ha avuto grande successo; l’idea ne ha avuto fin troppo. L’Italia di oggi è il paese degli apoti. Nessuno vuole berla; nessuno vuole lasciar intendere di essere ingenuo. Come una vera epidemia si diffonde nella società il sospetto: dietro tutto dev’esserci dell’altro. Bisogna sospettare, sospettare sempre.
Corruptio optimi pessima, dicevano gli antichi. Non c’è nulla di peggio della corruzione delle cose migliori. L’apotismo attuale è la corruzione di una cosa tanto importante quanto poco diffusa: il pensiero critico. Che è pensiero, appunto: e dunque una cosa difficile. Esige lo studio, l’informazione, la considerazione attenta delle ragioni e dei torti. In una società complessa, sono davvero pochi quelli che possono vantare una capacità critica nei campi diversi che rientrano nella sfera politica: l’economia, l’istruzione, la politica estera eccetera. L’impresa è talmente disperata che si finisce per gettare la spugna. E cercare scorciatoie. Una è quella di sempre: gli stereotipi, gli slogan, la semplificazione isterica della realtà. La strategia sottocognitiva che genera il leghismo salviniano, la politica del rancore, dell’odio, del capro espiatorio. L’altra (che alla prima spesso conduce) è il sospetto come sistema di vita. L’abbiamo visto all’opera l’altro giorno, in occasione della Giornata mondiale del clima. Migliaia di giovani che in tutto il mondo manifestano per difendere il pianeta al seguito di una ragazzina di sedici anni? Ma a chi vogliono darla a bere? Davvero si può essere così ingenui? Davvero una ragazzina può sfidare i potenti della terra? Ci dev’essere dietro qualcosa. Un sito pieno zeppo di pubblicità assicura che si tratta di una trovata pubblicitaria. E che non può avere alcun interesse per l’ambiente, dal momento che è una ragazzina con Asperger, ed è noto che chi ha l’Asperger non è in grado di provare empatia.

Non occorre dimostrare: basta sollevare un sospetto. Anche non legittimo: la legittimità la conquista con la diffusione. E la diffusione è sicura.
L’appartenenza a un movimento politico ha sempre un ritorno in termini di immagine di sé. Il comunista sognava un mondo libero e giusto, e intanto sentiva di appartenere a una avanguardia sociale, e questo sentimento inseriva dinamicità, eroismo perfino nella sua vita quotidiana. Il democristiano poteva sentirsi al contrario custode della democrazia, della sacralità della religione, della famiglia e dei valori tradizionali, ed anche questo, nonostante la disperata mediocrità di tanti politici democristiani, gli conferiva una qualche patina eroica. Perfino l’elettore di Forza Italia guadagnava qualcosa, in termini di immagine di sé. Poteva sentirsi membro, se non altro per simpatia e affinità, di una classe rampante, di successo, dell’avanguardia economica del paese. E’ questa dinamica che ha portato tanti operai a votare per Berlusconi.
Oggi l’italiano medio (che, lo dicono gli studi, cognitivamente è spesso regredito alla condizione di analfabeta funzionale) votando il nuovo movimento degli apoti – sì, sto parlando del Movimento 5 Stelle – può sentirsi uno che la sa lunga, uno che, grazie alle ore spese in rete a leggere e condividere, ha acquisito il terzo occhio: la visione di Quello che c’è dietro. Visione spesso confusa, a dire il vero. Ma cosa si pretende? I poteri forti fanno di tutto per nascondere il Vero. Ma loro sanno, comunque, che Qualcosa c’è. Sempre. Qualcuno darà loro degli ignoranti. Qualcuno dirà che non hanno studiato. Non c’è da stupirsi. Il Sistema ha creato tutte queste cose – le scuole, il sistema sanitario, la scienza… – per escludere dalla vera conoscenza e per calunniare loro, i liberi cercatori della verità. I frequentatori dell’Università della vita, l’unica che possa realmente rilasciare diplomi.
Non c’è nulla che un apota non possa scoprire. Non c’è fenomeno dietro il quale non intuisca un noumeno, per dirla con Kant. Di una sola cosa l’apota non è capace: sospettare che gliela stiano dando a bere, strumentalizzando il suo costante bisogno di essere rassicurato sulle sue capacità di dominio cognitivo del mondo. Quand’anche lo sospettasse, metterebbe a tacere il suo sospetto; e magari si chiederebbe chi sta manovrando nell’ombra per fargli venire dei sospetti.

Articolo pubblicato su l’Attacco, 20 marzo 2019.

Beppe Grillo e il test del cinese

Elio Vittorini

In un post di due mesi fa ponevo il problema della presenza di più di qualche razzista tra i cittadini del Movimento 5 Stelle. Essendo un movimento non ideologico, notavo, il M5S ha imbarcato gente tanto di destra quanto di sinistra. Di qui la necessità di una scelta: o prendere posizione sul tema dei diritti civili, e perdere l’appoggio dei razzisti, o evitare qualsiasi presa di posizione su ciò che potrebbe dividere le due anime del movimento, quella di destra e quella di sinistra. Non avevo previsto una terza possibilità: la virata a destra. Un post di ieri l’altro sul blog di Beppe Grillo toglie ogni dubbio: è questa la via presa dal M5S. 

Kabobo d’Italia, titola Grillo: e fa l’elenco degli immigrati che in Italia hanno compiuto reati gravi. Un gioco facile, nel migliore stile leghista. Un gioco idiota, nel migliore stile leghista. Perché dimentica, Grillo, Gianluca Casseri, il fascista vicino a Casapound che nel dicembre del 2011 a Firenze ha ucciso in strada due senegalesi. Dimentica, Grillo, gli spari contro i lavoratori africani a Rosarno, nel gennaio del 2010. Dimentica i sei immigrati africani – tutti estranei a qualsiasi traffico illecito – massacrati dalla camorra a Castelvolturno nel settembre del 2008. Dimentica i migliaia di lavoratori sfruttati e ridotti in schiavitù nelle nostre campagne. E dimentica le migliaia di ragazze africane e dell’est ridotte in schiavitù sulle nostre strade e violentate dal maschio italiano – lo stesso che è responsabile della grande maggioranza delle violenze (uccisioni e stupri) sulle stesse donne italiane.
Dica quel che vuole, d’ora in poi, Grillo. Cianci di quello che gli pare, mandi a fare in culo chi vuole. Non mi interessa. C’è un criterio semplice per valutare un movimento politico. Potremmo chiamarlo il test del cinese. Ricordate Vittorini? Ricordate quel capitolo meraviglioso di Conversazione in Sicilia? Ecco:

– Vedi? – io esclamai. – Un povero cinese è più povero di tutti gli altri. Cosa pensi tu di lui?
– Al diavolo il cinese, – disse.
E io esclamai:  – Vedi? Egli è più povero di tutti i poveri e tu lo mandi al diavolo. E quando lo hai mandato al diavolo e lo pensi, così povero nel mondo,  senza speranza e mandato al diavolo, non ti sembra che sia più uomo, più genere umano di tutti? (1)


Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle (perché, benché Grillo e Casaleggio affermino di non esserne i leader, di fatto il Movimento non ha mostrato alcuna autonomia) non hanno superato il test del cinese. Il che vuol dire che, semplicemente, non hanno da dare nulla alla nostra democrazia ed alla nostra vita civile.



(1) E. Vittorini, Conversazione in Sicilia, BUR, Milano 2000, p.252.

Un razzista a 5 stelle*

Alcuni militanti del Movimento 5 Stelle di Foggia hanno denunciato, con un video, le disastrose condizioni igieniche del campo Rom di Arpinova, nel quale vivono anche otto famiglie foggiane.
In seguito alla denuncia, il sindaco ha annunciato sulla sua pagina Facebook un intervento di pulizia straordinaria:

Come era prevedibile, in una città in cui razzismo ha solide basi, si scatena la protesta dei bravi cittadini per quei soldi impiegati per i Rom, mentre ci sono ben altre priorità.
Tra gli altri, si distingue questo tizio:

Ora, per chi avrà votato questo soggetto? Ipotizzo:


A quanto pare ci ho preso:
Lo scambio seguente tra Vincenzo Rizzi, attivista del Movimento 5 Stelle da tempo impegnato nella difesa dell’ambiente, è piuttosto istruttivo:
Sono ben lontano dal ritenere che il Movimento 5 Stelle sia un movimento razzista; ma non è nemmeno, come sostiene Vincenzo Rizzi, un movimento apertamente antirazzista. E’ un movimento che sul tema dei diritti civili non ha preso posizioni chiare ed inequivocabili. Negli scritti di Grillo e Casaleggio si trovano spunti apprezzabili, ad esempio sulla condizione carceraria, ma al riguardo il programma del Movimento 5 Stelle è reticente. Grillo e Casaleggio hanno voluto che il loro movimento fosse post-ideologico, al di dà delle distinzioni tradizionali tra destra e sinistra (se un’ideologia c’è, è un’ideologia procedurale: l’ideologia della Rete come luogo e strumento della democrazia diretta). Ciò ha consentito al M5S di prendere voti tanto dai delusi dalla sinistra, quanto da destra. La conseguenza è questa: un movimento che ha imbarcato gente come questo razzista che vuole cacciare i Rom. Adesso mi pare che il movimento non abbia che due vie: o prendere posizione netta sui temi dei diritti civili, e perdere l’appoggio di razzisti ed altra gente di destra (chi è razzista in genere è anche poco sensibile, diciamo così, ai diritti dei detenuti, eccetera), oppure fare una politica che, per evitare la scissione e la perdita di consenso, risulterà inevitabilmente bloccata su un gran numero di questioni di importanza cruciale per la nostra democrazia.
* Il titolo iniziale di questo post era Razzisti a 5 stelle. L’ho modificato perché fuorviante: non sostengo affatto che il Movimento 5 Stelle sia un movimento razzista, ma che abbia imbarcato alcuni razzisti.

Beppe Grillo, il parresiaste

Beppe Grillo

Non occorre essere dei fini politologi per capire le ragioni della vittoria di Beppe Grillo: basta chiederlo a chi l’ha votato. Perché chi ha votato Grillo, a differenza di chi ha votato Berlusconi, non si nasconde; al contrario: sembra orgoglioso della sua scelta. E chiedete, dunque: perché avete votato per Grillo? Io ho ricevuto il più delle volte una risposta di questo tipo: “perché Grillo è uno che dice le cose come stanno”. Beppe Grillo è il comico che, dopo aver fatto ridere come tanti altri comici, ha cominciato a diventare scomodo, ed è stato espulso dal sistema. Anche se è scomparso dagli schermi televisivi, la gente si è ricordata di quel comico lì, quello che dava fastidio. Ed ora si è accorta di aver bisogno di lui. Perché? I Greci avevano il concetto di parresia, la capacità di dire la verità, di esprimersi liberamente di fronte al potere, che consideravano essenziale per la democrazia. Il concetto è presente anche nel Nuovo Testamento, quale franchezza nell’annuncio del Vangelo da parte degli apostoli, anche a costo della persecuzione. Mi pare che si possa interpretare in questo modo l’esito delle ultime elezioni. Gli italiani, estenuati da un potere che si è alimentato e sostenuto con la dissimulazione, l’inganno, la segretezza, la distorsione sistematica della verità, hanno scelto la figura del parresiaste, del comico scomodo che dice al re che è nudo. Il fatto che sia un comico è un punto a suo favore: è estraneo al mondo politico, considerato una casta indistinta che persegue scopi comuni, al di là delle differenze di ideologia e di bandiera. E’ vero che un leader politico rappresenta sempre una proiezione, l’incarnazione di un ideale umano condiviso. Mandando al potere Berlusconi, gli italiani hanno dato forma ad una delle loro anime – quella lazzarona, furba, cialtrona, maschilista, sostanzialmente mafiosa. Se la mia analisi non è errata, Grillo incarna il contrario: colui che si oppone al potere in nome della verità, e dunque esprime istanze ideali ed etiche (ed anche, certo, la rabbia trattenuta troppo a lungo contro il triste spettacolo della politica, il vaffanculo liberatorio indirizzato tanto alla destra quanto alla sinistra).

Questa esigenza spiega, forse, il voto di pancia di molti, ad esempio di non pochi pensionati e di molti giovani al primo voto. C’è poi il voto più meditato di quelli per i quali Grillo non è il comico cacciato dalla televisione, ma il blogger influente che ha creato un movimento in grado di controllare il potere.
In un sistema democratico il potere è sempre sotto controllo, e questo controllo impedisce che degeneri in dominio. In Italia non è mai stato così. Era fuori controllo il potere democristiano, che viveva di segretezza, di trame oscure, di servizi segreti deviati, di stragi di Stato, di accordi con la mafia. La breve stagione di Tangentopoli ha dato l’illusione che la magistratura potesse controllare il potere, come previsto dalla Costituzione. Ma le cose sono andate diversamente. Nella Seconda Repubblica il potere è stato fuori controllo non meno che nella prima, anche se in modo diverso. Si è posto fuori dal controllo in due modi: in primo luogo grazie ai mass media, che in un sistema democratico funzionante sono, insieme alla magistratura, la principale struttura per il controllo del potere, e che sono diventati invece uno strumento al servizio del potere per la manipolazione delle masse; in secondo luogo impedendo alla magistratura di esercitare la sua funzione attraverso le leggi ad personam. Chiunque avesse a cuore le sorti della nostra democrazia avrebbe dovuto considerare quale primo punto dell’agenda politica il tema del controllo del potere. Altri sono stati invece i temi imposti all’opinione pubblica dai mass media controllati dalla politica: quelli della sicurezza e dell’immigrazione in primis.
Oggi le forze politiche uscite sconfitte dalle ultime elezioni – in sostanza tutte, tranne il Movimento 5 Stelle – evocano foschi scenari: la nostra democrazia, che ha resistito (ma ha davvero resistito?) alla mafia democristiana, alle ruberie socialiste ed alla telecrazia berlusconiana, sarebbe ora in crisi per i vaffanculo di Beppe Grillo. Non manca la reductio ad Hitlerum: su Facebook gira un falso discorso di Hitler di cui si rimarca la pretesa somiglianza con quelli di Grillo. Sarebbe interessante compiere la stessa operazione con (l’ex) papa Benedetto XVI (Hitler non diceva Gott mit uns?) o con Gandhi (che in Hind Swaraj dice tutto il male possibile del Parlamento).
Piaccia o meno – ed ho appena spiegato perché dovrebbe piacere, e molto – con il Movimento 5 Stelle il tema del controllo del potere conquista il primo posto nell’agenda politica. L’idea di Grillo e Casaleggio è che il potere ha bisogno di un contropotere che lo controlli e lo tenga nei suoi limiti. Questo contropotere non è rappresentato né dai mass media né dalla magistratura; è rappresentato dalla Rete. I mass media si possono controllare con il denaro, la magistratura con il denaro e le leggi ad personam. Il Web no: sfugge ad ogni controllo. L’esito fallimentare delle avventure in rete di politici come Clemente Mastella o Romano Prodi dimostra l’impossibilità di usare la rete come uno strumento. La rete è per sua natura orizzontale, non tollera il “lei non sa chi sono io”. L’onorevole che apre un suo profilo Facebook o un suo blog deve dialogare a tu per tu con i suoi lettori. Non esistono autorità, VIP, sue santità in rete: lo dimostra (anche tristemente) l’esito infelice del profilo Twitter di Benedetto XVI. In rete si va per discutere, non per pontificare. E chi pontifica presto si rende ridicolo e viene espulso.
I nuovi eletti al Parlamento del Movimento 5 Stelle promettono di essere politici di nuova specie, non onorevoli ma cittadini che rispondono ai cittadini attraverso la rete. Lo saranno davvero? Difficile dirlo, così come è difficile dire se funzionerà realmente – anche tecnicamente – il sistema di democrazia digitale legato al blog di Beppe Grillo. Soprattutto, occorrerà vedere in che modo l’aspetto orizzontale, partecipativo ed aperto del Movimento (ben espresso dal motto “uno vale uno”) possa conciliarsi con la presenza del leader. In un articolo di tre anni fa scrivevo:

O i grillini sono seguaci del guru Grillo, e lo applaudono anche quando insulta Rita Levi Montalcini o rimpiange la sacralità dei confini nazionali contro l’invasione dei Rom, oppure sono persone che discutono apertamente ed orizzontalmente dei problemi comuni. È evidente la grottesca contraddizione di un movimento di persone che vogliono pensare con la propria testa, e al tempo stesso dipendono dalle parole d’ordine, dalle rivelazioni, persino dagli umori del loro leader. È una contraddizione che non può durare: o il movimento finirà per emanciparsi da Grillo, e farà politica autentica (esito improbabile, benché auspicabile), oppure finirà per essere schiacciato dalla figura ingombrante del suo stesso fondatore (1).

In un libro pubblicato successivamente a quell’articolo, Grillo e Casaleggio sostengono che per la Rete il concetto di leader “è una bestemmia”, e che esistono solo “portavoce delle istanze dei cittadini” (2). Nemmeno Beppe Grillo, dunque, è nulla più che un semplice portavoce. Ma le cose al momento non stanno così. Grillo è, che lo voglia o no, il leader del Movimento; e la sua opinione, che gli piaccia o meno, vale più di quella degli altri. Nel forum del Movimento non è infrequente il ricorso all’ipse dixit, per mettere a tacere chi la pensa diversamente.
C’è poi il problema culturale. Abbiamo alle spalle (sono in vena di ottimismo) decenni di politica clientelare. I politici hanno corrotto profondamente la fibra morale del paese e degradato la politica fino a farne un miserabile mercanteggiare. Uscirne sarà impresa meno facile del previsto. Ecco un messaggio comparso qualche minuto fa nel forum del Movimento:

carissimoBeppe io ti ho votato con il cuore credimi posso dimostrarlo ,.ti chiedo un favore enorme io ho perso il lavoro da 2anni sono sposato con due figli.ho 47 anni e 33 anni di contributi  non riesco a trovare nulla come dobbiamo vivere visto che siamo totalmente abbandonati da tutti specialmente dai parenti grazie 

Per chi avrà votato, in passato, questo disoccupato? Si badi al “posso dimostrarlo”. Votare per un politico e dimostrarlo è il meccanismo del voto di scambio, vale a dire una delle infinite porcate che hanno violentato la nostra democrazia. Per quest’uomo votare il Movimento 5 Stelle non ha comportato in alcun modo un cambiamento di logica: è ancora interamente immerso nella logica clientelare-mafiosa. La domanda è: quanti hanno votato il Movimento 5 Stelle mossi dalla stessa logica? Quante richieste di questo genere arriveranno a Grillo ed ai grillini? E sapranno spiegare a quest’uomo che la politica è un’altra cosa?
C’è poi la questione dei diritti civili. Nel programma del Movimento 5 Stelle (più un elenco di cose da fare che un programma argomentato) mancano del tutto questioni come le unioni di fatto, i matrimoni omosessuali, il testamento biologico, l’integrazione dei Rom, la cittadinanza ai figli degli immigrati e l’immigrazione in generale, eccetera. Su alcune di questi punti Grillo si è espresso: ha parlato ad esempio di “confini sconsacrati” dall’immigrazione selvaggia e della proposta “senza senso” di dare la cittadinanza italiana ai figli di immigrati nati in Italia. Posizioni che manifestano un limite reale, politico ed anche umano, di Grillo. Poiché Grillo non è il Movimento, di cui non è nemmeno il leader, bisognerà vedere come e quanto il Movimento riuscirà ad aprirsi ai diritti civili (una interessante apertura sullo ius soli viene ad esempio dal Movimento 5 Stelle di Monza).

(1) A. Vigilante,  Il problema del pubblico, Dewey e Beppe Grillo. Limiti e contraddizioni del guru digitale in Diogene. Filosofare oggi, n. 20, 2010.
(2) B. Grillo, G. Casaleggio, Siamo in guerra. Per una nuova politica, Chiarelettere, Milano 2011, p. 11.