Lo scorso dicembre lo Stato italiano ha raggiunto con l’Unione Buddhista Italiana e l’Unione Induista Italiana una intesa che comporta la piena libertà di culto e, tra l’altro, la possibilità di riscuotere l’otto per mille. Si tratta, con ogni evidenza, di un provvedimento per il quale bisognerebbe rallegrarsi indipendentemente dalle proprie convinzioni religiose o irreligiose, poiché dà sostanza a quel principio di libertà religiosa affermato dall’articolo 19 della nostra Costituzione, senza il quale non può darsi autentica democrazia.
Ma non tutti la pensano così. Commentando la notizia in un articolo sul Giornale intitolato La mutua passa pure Buddha e Visnù, Marcello Veneziani scrive:
Mille cose urgenti e importanti il Parlamento non è riuscito ad approvare. In compenso è riuscito a varare in extremis, e oggi entra in vigore, il riconoscimento di Stato del buddismo e dell’induismo.
Sarà riconosciuto il loro culto, sorgerà una pagoda a Roma, saranno ammesse le loro festività e soprattutto potranno ottenere l’otto per mille.
Ha vinto la laicità dello Stato, esultano; cattolici, fate la fila come gli altri. Però due tradizioni così antiche e maestose che predicano il distacco dal mondo e reputano la realtà un’illusione, che se ne fanno del nullaosta del piccolo e storto Stato italiano? Volete Buddha col sussidio statale e il certificato di Visnù rilasciato dal Comune?
Capisco le religioni più legate alla storia e fiorite in Occidente, come il cristianesimo e l’ebraismo; ma il buddismo e l’induismo sono vie metafisiche, c’entrano con l’eterno, non con l’erario. Dopo la Dc avremo Democrazia Buddista e Rifondazione Bramina?
Buddisti e induisti sono poche migliaia in Italia; tanti lo sono da diporto, ovvero per esotismo o terapia antistress, perché praticano lo yoga, amano i ristoranti cinesi e i buddha bar, fanno massaggi ayurvedici, agopuntura e bevono tisana. Lo Stato firma con loro un’intesa e non invece con gli islamici che in Italia sono tanti, forse troppi, e sono davvero praticanti, anche troppo, e non vaghi appassionati di narghilè e kebab.
Libertà di culto, certo, ma non supermarket delle fedi e religioni passate dalla mutua. Non rovinate Buddha con le buddanate.
Proviamo a rispondere punto per punto a Veneziani.
– Perché mai l’attuazione di un principio costituzionale – attuazione che attende da anni – non dovrebbe essere “urgente e importante”?
– Perché mai i cattolici non dovrebbero “fare la fila come gli altri”? Democrazia è quel sistema in cui tutti hanno diritti, indipendentemente dal fatto di essere maggioranza o minoranza; tutti fanno la stessa fila.
– Tutte le religioni predicano il distacco dal mondo e dal denaro; anche il cristianesimo. Eppure i cattolici chiedono soldi allo stato: ed anche molti soldi.
– Solo un ignorante può dire che il Buddhismo è una via metafisica.
– Quanti sono i cattolici “da diporto”? La stragrande maggioranza dei cattolici sono tali solo per il battesimo, ma in realtà non seguono nessuna religione.
Non occorre essere particolarmente sagaci né preparati per rispondere punto per punto ad un articolo del genere; potrebbe farlo anche un ragazzino. E dunque viene da chiedersi: come mai? Perché Veneziani usa argomenti così scandenti, che è così facile smontare? Veneziani non è, come si potrebbe pensare leggendo quell’articolo, un idiota. E’ uno dei maggiori intellettuali di destra del nostro paese. Perché allora scrive sciocchezze?
La risposta è che scrive sciocchezze proprio perché è un intellettuale di destra. Quell’articolo è un ottimo esempio di articolo di destra: basta aprire un qualsiasi giornale di destra per trovarne decine di altri esempi. Ad accomunarli sono l’uso di argomenti grossolani, il ricorso alla ridicolizzazione, l’imprecisione, una certa sciatteria di fondo. Perché? Per quel certo disprezzo della ragione che è proprio della destra. Perché presentare argomenti seri vuol dire entrare in una discussione: e riconoscere l’interlocutore. Potete immaginarvi l’intellettuale di destra come uno che, in un salotto, se ne sta in un angolo a sorseggiare del whisky e ridacchiando fa battute. Se qualcuno lo prendesse sul serio e rispondesse alle sue battute con argomenti, dimostrerebbe di non aver capito nulla. Ed otterrebbe solo altre battute, altro sarcasmo, altre palesi assurdità.
E’ appena il caso di notare che il diffondersi di questo stile è un pericolo per la democrazia. La democrazia esige la discussione pubblica dei problemi. Compito degli intellettuali – e dei giornalisti – è quello di favorire questa discussione pubblica presentando dati ed argomenti, il più possibile comprensibili e verificabili. Dati ed argomenti che saranno diversi, opposti anche, ma inseriti in una cornice comune, che è quella della ragione, e che comprende alcune semplici regole riguardanti la discussione. L’intellettuale di destra si sottrae a questa cornice comune. Rifiuta la ragione, rifiuta le regole dell’argomentazione. Ha un talento particolare per squalificare la comunicazione, ricorrendo a quelle strategia analizzate da Watzlawick ed altri nella Pragmatica della comunicazione umana: contraddirsi, dire cose palesemente insensate, rispondere in modo vago eccetera. In quello che scrive, l’atteggiamento fa aggio sull’argomento. Non gli importa spiegare perché i buddhisti e gli hinduisti gli sono antipatici e non vuole che abbiano gli stessi diritti dei cattolici. Non deve argomentare sul serio. Importa solo dire l’antipatia – e torna utile la ridicolizzazione. Del resto, diceva Giuseppe Rensi (uno dei primissimi teorici del fascismo), il prevalere di un argomento sull’altro non è legato alla forza della ragione, ma alla forza bruta. Tanto vale rinunciare del tutto ad argomentare.