Ivan Illich |
Quale mezzo di trasporto favorisce maggiormente la libertà, l’automobile o la bicicletta? La risposta sembra facile: la prima. L’automobile è forse l’unico simbolo rimasto della libertà; non c’è pubblicità che manchi di sottolineare questo aspetto. Ma Ivan Illich, uno dei più grandi pensatori della seconda metà del secolo scorso (autore, tra l’altro, di un Elogio della bicicletta), non era d’accordo. Per comprendere la sua posizione, possiamo riformulare la questione in altri termini. Quale strumento possiamo dominare meglio, l’automobile o la bicicletta? Posta così la questione, qualche dubbio verrà anche al più entusiasta sostenitore delle virtù della tecnologia automobilistica. Perché è vero che l’automobile ci porta dove vogliamo, ma è anche vero che sono in molti ad avvertire che l’automobile ed il sistema di cui fa parte al tempo stesso hanno potere su di noi. Avere l’automobile vuol dire pagare la tasse, pagare la benzina (e dunque dipendere dai petrolieri), pagare i parcheggi, pagare le autostrade, e così via. Quando poi si rompe, cosa che accade spesso, bisogna portarla dal meccanico. E’, insomma, uno strumento che ci sfugge di mano. La bicicletta al contrario è semplice da usare (non occorre la patente), si rompe difficilmente, è facile da riparare, non richiede benzina né tasse. Illich chiama strumento conviviale uno strumento che io posso padroneggiare. Gli strumenti industriali in generale non sono strumenti conviviali, non si lasciano dominare ma al contrario ci dominano: si può dire che è l’uomo che si adatta alla macchina e non il contrario.
Chiediamoci ora: cosa direbbe Illich dell’ebook? Lo considererebbe più o meno conviviale del libro di carta? Considerando l’ostilità del filosofo verso il mondo industriale e la sua scelta dell’austerità, la risposta sembra scontata: l’ebook sta al caro vecchio libro di carta come l’automobile sta alla bicicletta. Ma le cose stanno davvero così? Forse no.
Per produrre un libro di carta, come per produrre un ebook, occorre in primo luogo scriverlo. Poi, nel percorso tradizionale, il libro viene affidato ad un editore, e da questo momento sfugge al controllo dell’autore. Il libro viene impaginato da un tecnico, quindi mandato in stampa, quindi alla distribuzione. Il libro così prodotto viene acquistato dal lettore, che lo legge e lo studia. Sul libro di carta il lettore può compiere una serie di operazioni: può sottolineare, può evidenziare, può segnare la pagina piegando l’angolo.
Consideriamo ora l’ebook. L’autore lo scrive, dopo di che può considerare due vie. Può mandarlo ad un editore, che sceglierà se pubblicarlo o meno, lo impaginerà e creerà il libro elettronico da mandare alla distribuzione. Ma può anche scegliere la via dell’autopubblicazione. In questo caso sarà lui stesso a creare il libro elettronico ed a distribuirlo. Il lettore acquisterà il libro da una libreria on-line e lo trasferirà sul proprio computer, o sul tablet, o sul lettore ebook. Anche sul libro elettronico il lettore può compiere le stesse operazioni possibili sul libro di carta. Può evidenziare, annotare, mettere segnalibri. Più qualche altra cosa. Può, ad esempio, fare una ricerca nel testo.
Ma c’è una differenza più significativa tra libro di carta e libro elettronico. Poniamo che dopo aver comprato un libro di carta io mi accorga che è fatto male. Che ci sono errori di impaginazione o di stampa. Non posso farci nulla; al massimo, manderò il libro alla casa editrice per chiederne la sostituzione. Se invece mi capita un ebook fatto male (cosa che succede abbastanza spesso), ed ho un minimo di competenza tecnica (cosa facile da acquisire), posso sistemare gli errori e rifare l’ebook. Non solo. Nel libro di carta posso aggiungere al testo delle mie annotazioni, ma limitatamente. Posso farlo al margine della pagina, che può essere più o meno ampio. Nel caso del libro elettronico, le mie annotazioni non hanno alcun limite di spazio, ma soprattutto non devono essere necessariamente sistemate a margine del testo. Se voglio, posso costruire un nuovo testo che comprenda il testo originale più le mie annotazioni a margine. Se mi piace, posso riscrivere il testo, dialogando con l’autore.
Insomma, se il libro di carta è una cosa, un oggetto chiuso, il libro elettronico è aperto, modificabile, ripensabile. Cioè, è più conviviale.
Illich è noto soprattutto come teorico della descolarizzazione. Sosteneva che bisognerebbe liberare la società dalle scuole, perché le scuole non sono realtà conviviali. La scuola non risponde a bisogni reali delle persone; al contrario: crea il falso bisogno di istruzione, che ritiene di essere l’unica a poter soddisfare. La scuola si presenta come l’unica istituzione in grado di dare una istruzione valida, squalificando qualunque altra fonte di istruzione e qualunque conoscenza ottenuta al di fuori di essa. Ma che succede se chiudiamo le scuole? Quali le alternative? Per Illich sono tanti i modi in cui ci si può istruire, da soli o insieme ad altri. Ci si può istruire se è possibile “accedere a cose, a luoghi, a processi, a eventi e a documenti” senza l’ostacolo costituito dalla mercificazione. E’ importante che sia facilitato l’accesso alle risorse formative di ogni genere. Illich pensava a luoghi fisici, ma è chiaro che la diffusione di Internet ha reso tutto ciò molto più facile. In rete è possibile accedere ad informazioni di ogni tipo, guardare film, leggere giornali, ed anche contattare persone con gli stessi interessi per studiare insieme. In Internet, soprattutto, è possibile trovare migliaia di libri elettronici gratuiti. Libri privi di licenza e di pubblico dominio, ma anche libri con copyright che sono stati piratati. Mi rendo conto del rischio di fare apologia di reato, ma trovo commovente che vi siano persone che impiegano una parte considerevole del proprio tempo per passare allo scanner libri di filosofia per metterli gratuitamente a disposizione di tutti. Come gli amanuensi nei conventi medioevali, queste persone lavorano non perché la cultura in generale non vada persa, ma perché non vada persa una certa concezione della cultura: quella della cultura come attività libera e gratuita, cui tutti possano accedere senza ostacoli legati alla disponibilità economica.
Sospetto che Illich sarebbe d’accordo.
Editoriale per Stato Quotidiano.