La miseria di essere Sua Santità

La bizzarra – no: disgustosa – uscita del Dalai Lama, che chiede a un bambino di succhiargli la lingua dopo averlo baciato, può apparire come l’evidente manifestazione del decadimento mentale di un uomo in età particolarmente avanzata o la dimostrazione che una certa corruzione morale esiste anche nel buddhismo, che da noi, chissà perché, gode di buona stampa. Non così per i fedeli italiani, che essendo dei convertiti hanno, dei convertiti, lo zelo e il fanatismo (ah, Papini!). Uno di questi spiegava su un social che il Dalai Lama, bontà sua, è come un bambino, e quel gesto va dunque considerato nulla più che un gioco infantile. Infantile: e dunque innocente. Forse perfino poetico.

M’è tornato in mente, leggendo questa libera interpretazione, un passo del Vangelo di Sri Ramakrishna:

I segni di chi ha visto Dio sono questi: Il suo comportamento è come quello di un bambino. A volte appare come uno spirito impuro. (Il Vangelo di Sri Ramakrishna, Edizioni Vidyananda, Assisi 1993, p. 122.)

Il nostro Dalai Lama, benché privo di Dio, non sarà per caso uno di questi santi folli, di questi uomini che, avendo oltrepassato l’io, si sono lasciati alle spalle la distinzione tra il bene e il male? Può essere. Ma a farne le spese è stato un bambino, e questo, per noi che siamo al di qua, è un male.

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