LEGGO in questo post su Penna Blu una lista di pro e contro del libro cartaceo e di quello elettronico. Possiedo un ebook reader da circa un anno e mezzo: se dovessi fare una mia lista, i pro del libro elettronico sarebbero molti di più dei contro, e il confronto tra ebook e libro cartaceo andrebbe tutto a favore del primo. Probabilmente perché sono quasi del tutto insensibile al fascino della carta stampata, all’odore del libro eccetera; mentre mi pare che l’ebook essenzializzi, per così dire, il libro; o meglio: che liberi l’opera dal libro. L’opera è il libro inteso dal punto di vista ideale, il libro è la concretizzazione, la materializzazione dell’opera. La Divina Commedia può avere mille aspetti diversi, a seconda delle diverse edizioni, dei diversi libri in cui si concretizza: può essere rilegata o in brossura, di carta pregiata o scadente, con illustrazioni o meno. Ora, le cose sono due: o il libro influenza l’opera, oppure no.
Cioè: o il modo concreto in cui un’opera si presenta nelle nostre mani, sotto i nostri occhi, influenza il nostro modo di avvicinarla e di goderla, oppure ciò non accade. I sostenitori del piacere della carta stampata dovrebbero rispondere a questa domanda. E’ evidente che, se la veste tipografica di un’opera è inessenziale, perché quando leggiamo ci immergiamo nell’opera e il libro passa in secondo piano fin quasi a scomparire, allora è indifferente leggere un libro di carta o un libro elettronico. Se invece la veste tipografica è essenziale, e influisce sul piacere della lettura, bisognerebbe allora preoccuparsi della crescente sciatteria dei libri cartacei, sempre più spesso pubblicati con carta scadente, con una stampa approssimativa, con una rilegatura fragile: eccetera. Mi aspetterei dunque che gli oppositori del libro elettronico fossero, al tempo stesso, oppositori della pessima tipografia; che chiedessero non solo libri di carta, ma bei libri di carta, rispettosi del piacere della lettura.
Personalmente ritengo che un’opera sia quasi del tutto indifferente al suo supporto concreto, e che una volta iniziata la lettura restino solo le parole. Con alcune eccezioni, naturalmente: i libri illustrati non sono proprio la stessa cosa, in formato elettronico; e così, forse, le poesie.
Ci sono poi due particolarità del libro elettronico che me lo fanno apprezzare particolarmente.
Tutti modifichiamo in qualche modo i libri che leggiamo. Li annotiamo, evidenziamo, logoriamo; ma a volte cerchiamo anche di migliorarli: rivestiamo la copertina, soccorriamo la rilegatura quando si mostra fragile, se siamo capaci li rileghiamo perfino. Aldo Capitini, se non ricordo male, aveva l’abitudine di far riallestire in legatoria i libri cui teneva particolarmente, in modo da introdurre pagine bianche che poi avrebbe usato per le sue annotazioni. Il libro cartaceo diventava così interattivo. Ora, questa interattività, che si può ottenere nel libro cartaceo con difficoltà ed in modo parziale, è facile e totale nel caso di libro elettronico. Un ebook si può sottolineare, evidenziare, annotare come un libro di carta, ma se ho un minimo di competenze posso fare di più. Se sono un tipografo, non posso comunque cambiare la struttura tipografica di un libro di carta; non posso correggere errori di impaginazione o cambiare il font. Nel caso di un ebook, posso farlo. Utilizzando un programma come Sigil, posso intervenire sul testo in modo anche radicale. Posso ad esempio decidere di allineare a sinistra un testo giustificato, posso cambiare il colore dei titoli, posso anche correggere eventuali errori. Ma soprattutto posso intervenire sull’opera stessa. Posso fare, in modo infinitamente più semplice, quello che faceva Capitini con i libri di carta: posso inserire i miei appunti nel testo, e fare in modo che diventino parte integrante dell’opera. Le note, che nei libri cartacei sono a margine, entrano ora nel testo; e non è difficile immaginare la possibilità di opere aperte e di riscritture collettive, di annotazioni collaborative di un testo. Insomma: l’ebook è, più del libro di carta, un libro aperto. Posso metterci le mani in modo molto più disinvolto che con il libro di carta.
La seconda particolarità è legata alla prima. Per fare un libro di carta occorrono degli specialisti. Si può imparare da soli ad impaginare usando un programma come InDesign, e diventare così bravi da impaginarsi da sé il proprio libro; ma se si vuole un libro di carta bisogna rivolgersi poi ad un tipografo; ad un editore, se lo si vuole vendere. La cosa ha un costo: per l’editore, ma molto spesso anche per l’autore, cui l’editore chiede un contributo per la pubblicazione del libro. In molti casi l’opera così pubblicata non arriva mai sul mercato: l’autore paga l’editore e riceve in cambio qualche scatola con le copie del suo libro, che regalerà ad amici e parenti. Nel caso in cui l’editore, più onesto, mettesse realmente in distribuzione il libro, lo stesso resterebbe relegato in un angolo, inevitabilmente schiacciato dalle proposte dei grandi editori.
Ora, l’editoria elettronica introduce delle novità interessanti. La prima è l’autopubblicazione. Un autore può acquisire senza troppi sforzi la capacità di creare da sé il proprio libro in formato elettronico e può distribuirlo attraverso la rete. Se il suo obiettivo è farsi leggere, lo raggiungerà molto più facilmente in questo modo, che pubblicando a proprie spese con un piccolo o medio editore. Magari l’ebook non gli verrà perfetto, ma del resto anche grandi editori pubblicano ebook imperfetti, e lo stesso si può dire dei libri di carta (mi è capitato ultimamente tra le mani un libro della Guerini e Associati, non proprio l’ultima casa editrice, con grossolani errori di impaginazione). La seconda novità è la possibilità, su questo campo, di sfidare le grandi case editrici. Un grande editore può pubblicare un libro a prezzi molto più bassi di un piccolo o medio editore; può giovarsi di una distribuzione capillare, che ha un costo che i piccoli editori non possono permettersi; può promuovere il suo libro con una pubblicità martellante. Con i libri elettronici le cose vanno diversamente. Un piccolo editore, magari nativo digitale, può pubblicare un ebook a prezzi anche più bassi di quelli dei grandi editori, e può distribuirlo e venderlo attraverso la rete. Si dirà: ma venderà comunque poco, mentre i grandi editori venderanno molto grazie alla pubblicità. Non è detto. La rete è uno spazio che non del tutto penetrabile dalle logiche commerciali. Il passaparola, la reti sociali, i network di lettori hanno nella rete un maggiore della pubblicità e della promozione commerciale; un libro elettronico, se vale, può emergere e trovare i suoi lettori. Gli esempi non mancano.
Libro elettronico vuol dire, dunque, libertà di pubblicazione; e la libertà di pubblicazione è una delle declinazioni della libertà. L’obiezione, naturalmente, è: se ognuno pubblica quello che vuole, ci sarà un calo generale della qualità di ciò che si pubblica. La risposta è che ognuno già ora pubblica quello che vuole, regalando qualche migliaia di euro a qualche piccolo editore; e che anche non pochi editori medi e grandi sono disponibili a pubblicare quasi tutto, dietro adeguato compenso (soprattutto nel campo della saggistica). Nel sistema artificiale del mercato dei libri (di carta) un saggio acquista immediata rispettabilità se pubblicato da un editore noto (ad esempio nei concorsi universitari), anche se l’autore ha pagato per pubblicarlo. Nel sistema nato dall’incontro tra lo spazio dialogico della rete e l’editoria elettronica – sistema che sta nascendo, e che rappresenta forse la più grande rivoluzione culturale degli ultimi anni – un libro conta per le discussioni cui dà vita (nel caso di un saggio) o per le emozioni che suscita nei lettori (nel caso di un romanzo), non per la fama dell’editore o la sua azione di promozione.