Durante il fascismo Aldo Capitini perse il posto di segretario alla Normale di Pisa e finì in galera, alle Murate di Firenze, in quanto teorico, insieme a Guido Calogero, del Movimento liberalsocialista. Dopo la fine del fascismo gli capitò, in corso Vannucci nella sua Perugia, di assistere a questa scena: dei poliziotti portavano in Questura un picchiatore fascista, dei più feroci; e degli antifascisti gli si gettarono addosso, lo isolarono e lo picchiarono. E non rimase a guardare, ma intervenne per pregare gli antifascisti di smetterla. Il risultato fu che venne preso lui stesso per fascista e ricevette la sua porzione di percosse.
Ha raccontato l’episodio – che oggi fa tenerezza, ma che fu doloroso (“sebbene non fu ricoverato in ospedale, stette male e stette anche molto a disagio”) – Francesco Innamorati al convegno di Perugia dell’11-12 ottobre del 2019 (si vedano ora gli atti: Aldo Capitini compresente: ripartendo dai suoi temi, a cura di Giuseppe Moscati, Ledizioni, Milano 2023).
Pur senza aver preso mazzate, devo ammettere che qualche disagio l’ho provato anch’io sentendo le affermazioni di Christian Raimo sulla necessità di picchiare i neonazisti. Conoscendo Raimo, sono assolutamente certo che si tratta di una uscita infelice che non rappresenta realmente il suo pensiero.
Poiché si parlava di Ilaria Salis, bisogna ricordare alle persone di destra che ora useranno in modo strumentale quelle parole – e lo faranno anche, naturalmente, per attaccare Raimo in quanto docente – che mentre Salis è in Ungheria in condizioni di detenzione durissime, portata in tribunale con i ferri ai polsi come una pericolosissima criminale, e rischia fino a undici anni di carcere, in Italia Gianluca Iannone è stato condannato a soli quattro anni di reclusione per aver picchiato un carabiniere: cosa che non gli ha impedito e non gli impedisce di godere tutte le libertà democratiche, compresa quella di essere il leader di CasaPound, il movimento dei “fascisti del terzo millennio”, e di candidarsi alle elezioni.