Abbiamo davvero bisogno dei professori?

Abbiamo davvero bisogno dei professori?

Chi vuole ancora gli insegnanti?, chiede Philippe Meirieu, uno dei più influenti pedagogisti francesi, fin dal titolo di un libello tradotto da Enrico Bottero (Armando, Roma 2024, pp. 58). Il titolo francese è Qui veut encore des professeurs? Il traduttore spiega che professeurs indica in Meirieu la figura forte di una “persona convinta che fare scuola sia un atto simbolico e politico”, mentre gli einsegnants ne sono la versione depotenziata, “ridotta a compiti meramente esecutivi” (p. 13).

Democrazia, educazione e dominio degli adulti

Philippe MeirieuIn un libro dal titolo militante - Pédagogie: le devoir de résister (Esf, Issy-les-Moulineaux 2007) - Philippe Meirieu, una delle voci più ascoltate della pedagogie francese, sostiene, sulla scorta di Hannah Arendt, che occorre segnare un confine netto tra infanzia ed età adulta: l'educazione riguarda solo i bambini, non gli adulti; "non si possono educare gli adulti, né trattare i bambini come dei grandi. (...) All'educazione, nella misura in cui si distingue dal fatto di apprendere, bisogna che si possa assegnare un termine" (Arendt, citata a p. 71). Le ragioni di questa separazione sono in ultima analisi politiche: nei totalitarismi gli adulti sono infantilizzati e sottomessi ad un'autorità. Commenta Meirieu:Da questo punto di vista, la separazione di cui parla Hannah Arendt è fondatrice della possibilità stessa di ogni democrazia: bisogna istituire una frontiera - anche arbitraria - tra i bambini e gli adulti. E' l'esistenza di questa frontiera che permette al tempo stesso l'educazione dei bambini e l'esercizio del potere dei cittadini. Il bambino deve dunque essere educato e, durante questo tempo, non può essere considerato un cittadino, a rischio di cadere in una confusione generatrice di gravi abusi. L'adulto, dal suo canto, se può continuare ad apprendere, non può essere educato: è lui che deve decidere cosa apprendere, deve scegliere la propria via e decidere, direttamente o con l'intermediazione dei suoi rappresentanti eletti, sulle leggi che reggono la città. (p. 72)Secondo questo ragionamento, c'è un momento nella vita di ognuno in cui il processo educativo termina, evidentemente perché ha raggiunto il suo scopo. E' il momento in cui il bambino diventa adulto; un adulto educato. E' un modo di concepire l'educazione che contrasta nettamente con l'idea diffusa dell'educazione permanente, la convinzione, cioè, che il processo educativo duri per tutta la vita. Meirieu naturalmente non ritiene che, giunti ad una certa età, la crascita ed il cambiamento si fermino; ma questa crescita non può essere eterodiretta. A questo fine distingue, sulla scorta di Arendt, l'educazione dall'apprendere. L'adulto continua ad apprendere, ed apprende finché vive; ma nessuno può educarlo. L'apprendimento è un processo autodiretto, l'educazione un processo eterodiretto. Nella democrazia i cittadini apprendono, nelle dittature sono educati.E' difficile contestare che la pretesa di dirigere dall'esterno la vita di persone adulte sia incompatibile con la democrazia. Aggiungerei che la presenza di figure che pretendano di orientare le masse indicando loro le vie del bene e del male mal si concilia con una democrazia, secondo lo stesso criterio - poiché comporta che milioni di adulti percepiscano sé stessi come minori, persone che hanno bisogno di qualcuno che le diriga dall'esterno. Una democrazia è tale solo se ognuno è autorità per sé stesso. Al tempo stesso, questo discorso ha un implicito che dà da pensare. Educare è, secondo questo ragionamento, un atto di dominazione. Vuol dire dirigere qualcuno dall'esterno. Per Meirieu è una dominazione che va bene per i bambini, non va bene per gli adulti. C'è un'età della vita in cui è bene essere dominati ed un'età della vita in cui ciò[…]