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Figure dell’amicizia educativa
Ceramica di DurideL'antichità greca e romana ci offre con la figura del pedagogo una icona dell'educatore come amico. Il pedagogo non è il maestro (in greco didaskalos), ma colui che accompagna dal maestro il bambino e poi il ragazzo. Del maestro non ha l'autorevolezza, anche perché il pedagogo è uno schiavo, e spesso nemmeno parla bene la lingua, essendo straniero (ed a Roma è lui a diffondere la conoscenza della lingua greca); si tratta tuttavia di una presenza fondamentale per la crescita dei giovani (e il suo condurre il bambino darà il nome alla disciplina che studia l'educazione). Dopo aver accompagnato il giovane dal maestro, si siede con lui ed ascolta la lezione. Una volta a casa il pedagogo - che viene rappresentato per lo più come un vecchio calvo: non a caso lo stesso aspetto del maieuta Socrate - aiuta il giovane a ripetere la lezione che ha ascoltato presso il maestro. Vi sono dunque due lezioni: quella del maestro, ossia di un insegnante autorevole ed autoritario, che può ricorrere e ricorre di fatto anche alla sferza per insegnare, e la lezione domestica del pedagogo. Non escludo che anche quest'ultimo, in un contesto nel quale l'educazione è ampiamente fondata sulla coercizione, usasse qualche volta la sferza, ma la sua condizione di schiavo riduce ampiamente le sue possibilità in questo campo. L'eventuale durezza non cambia la natura della relazione, che consisteva in uno stare-accanto, e non in uno stare-sopra. Anche quando è costretto ad imporsi (tra l'altro spetta a lui insegnare le buone maniere), il pedagogo resta un compagno di strada, uno che guida camminando insieme, ascoltando, consigliando, spesso perorando la causa del giovane presso i genitori, preoccupandosi costantemente del suo bene.L'oriente buddhista ha una espressione per indicare l'amicizia educativa o spirituale: kalyana-mittata. Nella tradizione pedagogica e religiosa indiana il maestro è il guru, colui che guida dalla oscurità alla luce, la guida spirituale che è per il suo discepolo, che vive con lui, un vero e proprio secondo padre. Il buddhismo, che alcuni considerano non una religione distinta, ma un movimento di riforma dello hinduismo, ha contestato alcuni dei punti centrali della società e della cultura religiosa tradizionale dell'India: il sistema delle caste, i sacrifici animali, le divinità. Nel buddhismo non c'è posto per alcuna fede in un Dio. Si tratta, invece, di una pratica (una terapia, per molti versi) di liberazione dalla sofferenza, che è in primo luogo psicologica. L'esistenza umana è piena di sofferenza: identificare le radici della sofferenza e trovare un modo per tagliarle è lo scopo dell'insegnamento del Buddha. Il quale non va accettato senza una indagine razionale personale. Nel Kalama Sutta il Buddha invita a non fidarsi né della tradizione, né delle scritture, né dei maestri, ma a "sapere da noi stessi", a cercare la conoscenza che nasce dall'esperienza diretta e dall'esame autonomo. Se le cose stanno così, è chiaro che la figura del maestro viene ridimensionata. Non sarà più colui cui affidarsi - un tale affidamento non ha valore, ed è anzi pericoloso[…]