Salwan Momika

A dicembre ho scritto un articolo su Taleb Al Abdulmohse, il non credente saudita autore dell'attentato di Madgeburgo. Nell'articolo parlavo anche di Salwan Momika, il non credente iracheno rifugiato in Svezia che aveva espresso la sua critica dell'Islam bruciando pubblicamente il Corano. In un post su X Momika denunciava il rischio di essere estradato in Iraq, dove lo attendeva la condanna a morte. Non ve n'è stato bisogno: Momika è stato ucciso ieri l'altro nel suo appartamento nel quartiere di Hovsjö. Il suo atto di bruciare pubblicamente il Corano intendeva richiamare l'attenzione pubblica sulla gravi persecuzioni che subiscono i non credenti nei paesi islamici, dove spesso rischiano la condanna a morte. Ma era politicamente scorretto, perché la priorità è difendere l'identità culturale delle comunità, identificata con la religione. Momika è stato lasciato solo da tutti. La sua morte era solo questione di tempo.

Bruciare i libri sacri

Papa Francesco si è detto disgustato per il rogo del Corano, avvenuto qualche giorno fa davanti alla principale moschea di Stoccolma durante una manifestazione autorizzata. “Qualsiasi libro considerato sacro dai suoi autori deve essere rispettato per rispetto dei suoi credenti, e la libertà di espressione non deve mai essere usata come scusa per disprezzare gli altri, e permettere questo va rifiutato e condannato”, ha dichiarato.

Consideriamo le due affermazioni. Partiamo dalla seconda: la libertà di espressione non deve mai essere usata come una scusa per disprezzare gli altri? Potrei essere d’accordo, ma non sono sicuro che papa Francesco abbia il diritto di fare una simile affermazione. L’istituzione di cui è il capo gode della massima libertà d’espressione, che usa per offendere e disprezzare una molteplicità di soggetti. Io convivo da tredici anni con una donna, che è anche la madre di mio figlio. Di noi il Catechismo della Chiesa di cui papa Francesco è capo dice quanto segue (par. 2390):

Si ha una libera unione quando l’uomo e la donna rifiutano di dare una forma giuridica e pubblica a un legame che implica l’intimità sessuale. L’espressione è fallace: che senso può avere una unione in cui le persone non si impegnano l’una nei confronti dell’altra, e manifestano in tal modo una mancanza di fiducia nell’altro, in se stessi o nell’avvenire? L’espressione abbraccia situazioni diverse: concubinato, rifiuto del matrimonio come tale, incapacità di legarsi con impegni a lungo termine. Tutte queste situazioni costituiscono un’offesa alla dignità del matrimonio; distruggono l’idea stessa della famiglia; indeboliscono il senso della fedeltà. Sono contrarie alla legge morale: l’atto sessuale deve avere posto esclusivamente nel matrimonio; al di fuori di esso costituisce sempre un peccato grave ed esclude dalla comunione sacramentale.

Dunque per quest’uomo e l’istituzione che rappresenta io e la mia compagna siamo ancora, nel 2023, concubini (nel 1956 i coniugi Bellandi denunciarono il vescovo di Prato per averli definiti “pubblici peccatori e concubini”, dal momento che si erano sposati solo in Comune; il vescovo fu assolto), peccatori gravi, contrari alla legge morale. Non solo, per la Chiesa di cui papa Francesco è capo non costituiamo una vera famiglia e non abbiamo fiducia l’uno nell’altra e la nostra vita insieme rappresenta perfino una offesa alla famiglia. Non occorre sottolineare quanto tutto ciò sia offensivo e calunnioso. Ma non pretendo che la Chiesa cancelli questa parole. Credo nella libertà di espressione, con pochissimi limiti (razzismo, apologia del fascismo e poco altro).

Veniamo alla prima affermazione. Qualsiasi libro considerato sacro deve essere rispettato per rispetto dei suoi credenti. Questo vuol dire che i libri non sono tutti uguali e non sono tutti ugualmente degni di rispetto. I dialoghi di Platone, ad esempio, contano meno della Bibbia, perché non sono religiosi ed hanno solo lettori, non credenti. Il valore di un libro non è dato dal suo contenuto, ma dal suo status religioso. Ma questo vuol dire in generale attribuire all’esperienza religiosa un valore e un diritto al rispetto superiori riguardo ad altre esperienze. Se si considera giusta questa affermazione un credente potrà bruciare le opere di Voltaire o di Meslier (o magari di Onfray), mentre un non credente non potrà bruciare la Bibbia; perché le opere dell’ateismo e del libero pensiero hanno solo lettori, mentre i testi sacri hanno credenti.

L’oscurantismo politicamente corretto di Meta

Qualche anno fa ho letto un libro di Sergio Givone intitolato Quant'è vero Dio. M'è tornato in mente, il libro, qualche mese fa. Finita la stesura di un libro sull'ateismo, restava da decidere il titolo. E ho pensato che se un credente può titolare un libro Quant'è vero Dio, un ateo può titolarlo Dio è falso. Del resto, di questo si tratta. Per i credenti Dio è vero, per i non credenti Dio è falso. Ognuno crede di aver ragione, ma le due affermazioni dovrebbero avere la stessa legittimità. Mi sbagliavo. Pubblicato il libro, ho pensato di pubblicizzarlo su Facebook. A dire il vero più per curiosità e per capire come funziona. Ed è stata, infatti, una esperienza istruttiva. La pubblicità è stata respinta con motivazioni poco chiare. Ho contattato il supporto Meta per chiederne la ragione. La conversazione è riportata di seguito (per comodità di lettura ho incollato il testo, ma posso naturalmente fornire lo screenshot). Il libro è stato rifiutato per il contenuto e il titolo. Su Facebook non è possibile pubblicizzare un libro intitolato Dio è falso. Offende la religione. Con buona pace della libertà di pensiero. Quello che sta accadendo è tanto chiaro quanto inquietante. Siamo in una società multiculturale. Gli individui si identificano sempre più con le culture, le culture si identificano con le religioni e le religioni diventano feudi inespugnabili. In nome della religione si può dire, proclamare, pubblicizzare qualsiasi superstizione, assurdità, atrocità, bizzarria e pretendere un assoluto rispetto. E in nome della religione e della sua inviolabilità si può vietare qualsiasi critica, qualsiasi espressione del libero pensiero. La via del politicamente corretto porta alla discriminazione della libertà di pensiero. Il principio è che se una affermazione, tesi, posizione offende qualcuno, è sbagliata e va vietata. E così l'ateismo sta sullo stesso piano dell'omofobia o del razzismo. Di seguito la chat con l'assistenza di Meta. Ciao Antonio , sono Gabriele da Meta Support Pro e sono felice di assisterti. Il numero della tua richiesta di assistenza è 1427551791098856 Salve Gabriele, come scrivevo, non mi è chiaro per quale ragione non è possibile pubblicizzare la pagina "Dio è falso".Ciao Antonio non ho nemmeno io il Motivo specifico ma per l Esperienza che ho come Operatore posso dirti che è per la Promozione di contenuti contro la ReligioneFacebook non consente in alcun modo di Promuovere contenuti controversi o Discriminatori E non è possibile su Facebook promuovere contenuti ateisticu? Ma in questo modo sono discriminato io in quanto ateo.Questo la si applica nel momento in cui si va a Pubblicizzare, è una politica effettuata data l alta Utenza presente sulla Piattaforma, circa quasi 2 Miliardi di UtentiNon vedo dove vieni Discriminato essendo che come anche ad altre Persone Religiose ti è stato solo impedito di fare PubblicitàInoltre la Pagina ha un nome provocatorio mettendo per assoluto che Dio non esisteStessa cosa ovviamente viene applicata se una Pagina si chiama l Ateismo è Falso La discriminazione è nel fatto che un libro religioso può essere pubblicizzato, un libro[…]