Sinagogia

Una intervista a Tutta un’altra scuola.

Professor Vigilante, lei è fautore di piccoli-grandi cambiamenti e novità nell’approccio con l’insegnamento, che sperimenta con gli studenti del liceo dove insegna. Ci vuoi spiegare su cosa si basa la costruzione delle relazione con loro e delle relazioni tra di loro e come questo permetta una modalità di insegnamento più efficace?

“Da qualche tempo amo usare la parola sinagogia al posto di pedagogia. Il termine pedagogia indica il ‘condurre il bambini’, ed è evidentemente inadeguata oggi che sappiamo che l’educazione non riguarda solo i bambini, ma è un processo che dura tutta la vita. Ma dal mio punto di vista è inadeguata anche perché pensa l’educazione come l’azione con la quale un soggetto conduce e dirige un altro soggetto. Sinagogia vuol dire invece che l’educazione accade quando due o più soggetti si conducono insieme (syn). Non posso educare qualcuno senza educarmi al tempo stesso. Vi sono situazioni educative, nelle quali ognuno è al tempo stesso educatore ed educato. La scuola dovrebbe essere la situazione educativa per eccellenza, ma lo è di rado e quasi per accidente. Io ritengo che chi insegna debba riflettere a fondo su questa domanda: quando, come, a quali condizioni accade l’educazione? E’ una riflessione che non può che partire da noi stessi. Quando e come siamo cresciuti? In quali situazioni siamo cambiati? Cosa ci ha fatto riflettere, ci ha spinti a vedere il mondo con occhi diversi, ad allargare lo sguardo? La mia risposta è che una relazione viva, autentica, è essenziale. Credo che l’educazione sia creare relazioni autentiche. E dal mio punto di vista non è possibile creare relazioni autentiche senza attaccare il verticismo, l’asimmetria, la gerarchia relazionale che caratterizzano le relazioni nella scuola italiana. In una relazione asimmetrica, quale si vuole che sia quella tra docente e studente, non si comunica in modo autentico. Spesso, anzi, non si comunica affatto”.[read more]

Come utilizza la mindfulness a scuola e come la si potrebbe utilizzare proficuamente nella scuola oggi?

“La mia proposta è quella di inserire la mindfulness in un contesto più ampio, che chiamo Educazione Basata sulla Consapevolezza (EBAC). Essere consapevoli di quello che accade è l’essenza della mindfulness. In alcune applicazioni, questa consapevolezza viene adoperata come strumento per affrontare problemi comuni nella nostre classi, come il bullismo o il deficit di attenzione. E’ quella che chiamo EBAC Problema-Soluzione. In un secondo approccio la meditazione è intesa nel suo senso più propriamente religioso, come pratica che consente il trascendimento dell’ego ordinario. Chiamo questo approccio, che si trova ad esempio nell’Alice Project di Valentino Giacomin, EBAC Transpersonale. In alternativa a questi due approcci io propongo una EBAC Umanistica, che inserisce la meditazione in un più ampio progetto di formazione integrale dello studente, che comprende anche la formazione politica. La meditazione guida alla conoscenza di sé, ma consente anche una migliore comprensione dell’altro e la costruzione comune di una comunità autentica: spiritualità, etica e politica”.

Sono in molti a sottolineare la necessità di un radicale cambiamento del paradigma educativo convenzionale che si basa ancora su lezioni frontali, nozioni, standardizzazione, ecc. Come vede l’educazione efficace e a misura di bambino/ragazzo di un futuro possibile?

“Bisognerebbe riflettere sull’efficacia. Efficace rispetto a cosa? Quale è lo scopo da raggiungere, in educazione? Per molti, è l’affermazione lavorativa degli studenti o dei figli. Una visione legittima, ma che pecca di individualismo: quale società creeremo, se educhiamo ciascuno a pensare solo al proprio futuro professionale? Per altri, bisogna educare alla felicità. Anche questa è una visione condivisibile, ma non meno individualistica. Che succede, se la mia felicità contrasta con i bisogni di altri? Dal mio punto di vista, fondamentale è la violenza. L’educazione è lo strumento migliore – l’unico? – che abbiamo per combattere la violenza. E possiamo combattere la violenza fino in fondo solo se abbiamo imparato anche a cercarla e stanarla dentro di noi. Per questo quella educazione dello sguardo che è la meditazione è per me essenziale”.[/read]

Author: Antonio Vigilante

antoniovigilante@autistici.org

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