La Progettazione didattica condivisa: valutazione finale

La Progettazione didattica condivisa: valutazione finale

Era un’esperienza nuova per tutti, sia per noi alunni che per il professore, ma devo dire che non mi aspettavo riuscissimo a lavorare così bene. Ci sono stati dei momenti in cui abbiamo rallentato o lavorato meno ma penso che siano legati soprattutto alla nostra inesperienza con una didattica di questo tipo. Complessivamente l’esperienza è stata positiva e sarò contento se la continueremo anche l’anno prossimo. (Dalle risposte anonime al questionario finale.)

Vogliamo una storia

Non vogliamo essere felici. Vogliamo stare in una storia: individuale, collettiva, cosmica. Nulla disgusterebbe più di un romanzo i cui protagonisti fossero, dall'inizio alla fine, felici; e così la nostra vita. La felicità arriverà alla fine, dopo mille avventure; e allora il romanzo cesserà. Terminata la storia, i personaggi escono di scena. Se li si riporta in scena, occorre che accadano altre avventure: nell'Odissea di Nikos  […]

Picchiare i fascisti

Durante il fascismo Aldo Capitini perse il posto di segretario alla Normale di Pisa e finì in galera, alle Murate di Firenze, in quanto teorico, insieme a Guido Calogero, del Movimento liberalsocialista. Dopo la fine del fascismo gli capitò, in corso Vannucci nella sua Perugia, di assistere a questa scena: dei poliziotti portavano in Questura un picchiatore fascista, dei più feroci; e degli antifascisti gli si  […]

Valditara e l’autorità

C’era una volta una scuola seria, rigorosa, in grado di favorire anche l’ascesa sociale dei poveri, perché offriva loro una reale preparazione. Poi è arrivato il Sessantotto, con il suo “vietato vietare”, e la scuola è stata travolta da un “facilismo amorale” che l’ha resa sostanzialmente inutile. È una sintesi de La scuola dei talenti di Giuseppe Valditara (Piemme, Milano 2024), attualmente a capo di quello che ha voluto chiamare Ministero dell’Istruzione e del Merito; ed il suo libro è, a sua volta una sintesi degli argomenti e dei luoghi comuni del discorso di destra sulla scuola. La formula del “facilismo amorale”, versione riveduta e corretta del “familismo amorale” di Banfied, piace molto a Valditara. La riprende da tale Mario Caligiuri, che sembra essere il suo pedagogista di riferimento, benché sia più noto per i suoi studi sui servizi segreti che per il suo contributo alla pedagogia. 

La scuola è diventata facile. Lo dimostra, per Valditara, il fatto che agli esami di Stato “la percentuale di promossi è stata nel 2023 pari al 99,8%”. Ed è certo singolare che un ministro se ne rammarichi: è un po’ come se un ministro della Sanità si lamentasse di una simile percentuale di guarigioni negli ospedali pubblici. Sarebbe bello, peraltro, se quel dato indicasse un successo sistematico del sistema di istruzione pubblica. Così non è, e Valditara lo sa bene. Senza accorgersi della contraddizione evidente, nota anche che la dispersione scolastica esplicita (percentuale di studenti che non raggiungono un diploma di scuola secondaria) è all’11,5% come media nazionale, ma con dati molto più gravi nelle regioni del Sud e nelle periferie delle grandi città. Non è vero dunque che la scuola è troppo facile. Per più di un studente su dieci, invece, è troppo difficile. Talmente difficile da non riuscire a terminarla. Il tasso di bocciature al diploma è così basso perché la selezione è avvenuta al primo biennio della secondaria.

Scrittura in corsivo ed estetica della manualità

Saper scrivere a mano, in corsivo, è meglio che non saperlo fare. Ci spiega perché, buon ultimo, Raffaele Simone, in un articolo pubblicato su “Avvenire” che tuttavia fatico a immaginare scritto a mano. Mi figuro piuttosto Simone che digita con due dita su una tastiera. Perché è questo il modo in cui per lo più vengono scritte oggi le cose che poi si pubblicano sui giornali – per non parlare dei libri. Pochi sanno davvero usare una tastiera, perché non è cosa che si insegni a scuola e nessuno scrive articoli sull’importanza di farlo. (Naturalmente può essere che Simone sia un asso della tastiera, così come è possibile che invece scriva davvero a mano anche i suoi articoli e libri, lasciando ad altri il compito di trasformare le sue lettere vergate a mano in lettere digitali.)

Gli argomenti di Simone, che si serve anche – citandolo – di un libro di Franco Lorenzoni, sono due.

Il primo non è propriamente un argomento, o almeno non un argomento in favore di quel tipo di scrittura. “Tutto ciò che riguarda la scrittura va guardato con estremo rispetto”, scrive (e ci saremmo aspettati riguardo, dopo i verbi riguardare e guardare). La tastiera di uno smartphone ha a che fare con la scrittura esattamente come la tastiera – a dire il vero parecchio scomoda – del computer portatile che sto usando in questo momento; forse addirittura il microfono che utilizziamo per dettare le parole che un software trasforma in testo scritto. Tutte queste cose riguardano la scrittura, e dunque vanno considerate con estremo rispetto esattamente quanto la penna biro, la stilografica o la piuma d’oca. 

Dare a Di Cesare quel che è di Di Cesare

Quando il fascista Putin ha aggredito l'Ucraina - e si trattava, e si tratta, di molta gente innocente massacrata, come continuazione del genocidio voluto da Stalin - Donatella Di Cesare ha negato il diritto degli Ucraini alla resistenza armata, in nome della nonviolenza. Ora commenta la morte della brigatista rossa Barbara Balzerani con queste parole: "La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse  […]