Il mercato delle abilitazioni all’insegnamento

La legge 29 giugno 2022, n. 79, seguita dal decreto attuativo (DPCM 4 agosto 2023), ha ridisegnato il percorso per diventare docenti.  Per conseguire l’abilitazione all’insegnamento, che permetterà poi di partecipare al concorso, è necessario seguire un percorso abilitante di almeno 60 CFU (il CFU, Credito Formativo Universitario, indica un carico di lavoro per lo studente quantificabile in termini di ore), comprendente insegnamenti disciplinari e pedagogico-didattici, un tirocinio diretto nelle scuole e un tirocinio indiretto sotto la guida di un tutor coordinatore universitario.

Leonardo Caffo e la violenza

Chiara Valerio ha invitato il filosofo Andrea Caffo alla fiera romana Più libri più liberi, che quest’anno è dedicata alla memoria di Giulia Cecchettin. Ma Caffo è a processo per maltrattamenti e lesioni nei confronti della ex compagna, e la scelta di invitarlo è apparsa inopportuna, perfino scandalosa a molti. Né è sembrata granché convincente la difesa di Chiara Valerio, che si è appellata alla presunzione di innocenza. Su “Il Post” Cataldo Intrieri ha scritto che “ciò che dovrebbe interessare in una rassegna editoriale è il valore di un’opera e la validità di discutere delle idee che contiene”. Fino a un certo punto, a dire il vero, perché forse in quel contesto anche un’opera di eccezionale valore sarebbe stata fuori luogo, considerata la biografia dell’autore. Vero è che le polemiche hanno trascurato del tutto il libro. Quale libro avrebbe presentato Caffo, che ha deciso di ritirare la sua partecipazione? Quali idee avrebbe discusso?

Il libro è Anarchia. Il ritorno del pensiero selvaggio, pubblicato da Raffaello Cortina e dedicato, tra l’altro, a Michela Murgia, “anarchica e autonomista Sarda”. Diamogli uno sguardo, cominciando dai dettagli. Il colophon ci informa di due cose. La prima è che la copertina, brutta e banale – brutta perché banale – è di mana scanavino project, che in genere fa copertine molto belle, ma evidentemente non riesce ad andare oltre un certo immaginario quando si tratta di anarchia. La seconda è che il libro ha il copyright di Raffaello Cortina. Cosa scontata per un libro, ma non scontata per un libro anarchico. Quella contro il diritto d’autore, e a favore di licenze libere, è una delle battaglie degli anarchici fin da quando Tolstoj comunicò la decisione di rinunciare ai diritti su tutte le opere scritte dopo la sua conversione all’anarchismo nonviolento. Caffo non è della partita. Ne prendiamo atto.

I social network e la scuola

Sorprende non poco leggere la petizione lanciata da Daniele Novara, uno dei più influenti pedagogisti italiani, e dal Centro Psicopedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti da lui fondato, per chiedere che si vieti fino ai quattordici anni l’uso di uno smartphone personale e fino ai sedici la possibilità di creare un profilo sui social network; e non meno sorprende trovare tra i firmatari persone stimabili, come Federica Lucchesini o Anna Oliverio Ferraris (il testo della petizione si può leggere qui). Poiché si tratta di una petizione promossa e firmata da pedagogisti (anche se non mancano personalità del mondo dello spettacolo, che evidentemente hanno poca competenza sul tema, ma sono mediaticamente più efficaci di qualunque pedagogista), non si può fare a meno di notare due cose.

La prima è che una cultura del divieto si concilia poco con quella pedagogia progressista alla quale appartengono senz’altro Novara e non pochi dei firmatari della petizione, mentre è in piena continuità con le posizioni del ministro Valditara e del governo Meloni. La seconda è che l’argomentazione della petizione, appena embrionale, è centrata interamente sul ricorso alle neuroscienze: “La nostra non è una presa di posizione anti-tecnologica – si legge – ma l’accoglimento di ciò che le neuroscienze hanno ormai dimostrato: ci sono aree del cervello, fondamentali per l’apprendimento cognitivo, che non si sviluppano pienamente se il minore porta nel digitale attività ed esperienze che dovrebbe invece vivere nel mondo reale”. Ed è evidentemente una fallacia. Sia perché ricorrendo alle neuroscienze si possono affermare molte cose in campo pedagogico, e non siamo sicuri che piacerebbero tutte ai firmatari della petizione (per dirne una: non è poi così certo, alla luce delle neuroscienze, che esista una cosa come il libero arbitrio, e anche lo stesso io personale vacilla), sia perché non è affatto vero che le neuroscienze giustifichino un tale allarme.

Agostino

Agostino era operaio presso una piccola azienda che si occupava di idrocarburi. Il suo padrone – così lo chiamava, così era – era impegnato in politica, per metterla su un piano nobile. Consigliere comunale del Movimento Sociale. Ebbe un brutto quarto d’ora quando a qualcuno venne la bizzarra idea di indagarlo per l’assassinio del direttore dell’Ufficio del Registro, Franco Marcone. Fu scagionato.

Benché il suo padrone fosse benevolo, di soldi non ne arrivano troppi. L’operaio Agostino viveva con la moglie e i tre figli in un basso di trentotto metri quadri in via Maria Grazia Barone. Non ebbe mai la casa popolare, e questa fu forse l’unica fortuna della sua vita.

Al momento di andare in pensione, l’operaio Agostino ebbe l’impressione che il suo benevolo padrone gli avesse dato meno di quello che gli spettava, di liquidazione. Gli fece dunque causa. La perse. Sì impegnò poi in una causa con l’avvocato che aveva perso la causa. E perse anche quella causa. Vincere le cause non era nelle sue corde. Pare che sia un difetto degli operai.

Si è goduto la pensione per qualche anno, l’operaio Agostino, girellando per la città su una vecchia bicicletta Bianchi, facendo il solitario con le carte – spesso imbrogliava – guardando Rete 4 e spaventandosi di tutto. Poi ha avuto un infarto. Poi un tumore alla parotide. Poi un tumore ai polmoni. Poi un tumore al fegato.

Scuola e violenza culturale

Scuola e violenza culturale

Ho scritto questo articolo, su richiesta, per una rivista che si occupa di educazione. Ho chiesto di non pubblicarlo perché il numero della rivista, dedicato alla pace, sarebbe stato legato alla terza marcia mondiale per la pace e la non violenza. Marcia che non condivido, come non condivido le posizioni della maggio parte dell’area della cosiddetta nonviolenza, per ragioni che ho ampiamente illustrato su questo blog.

Il cattolicesimo queer di Michela Murgia

Il cattolicesimo queer di Michela Murgia

Femminista e cattolica, Michela Murgia ha cercato di rovesciare il patriarcato attraverso una reinterpretazione radicale del dogma centrale del cristianesimo: la Trinità. Non “due uomini e un uccello”, come nella tradizione occidentale, ma tre figure asessuate, in una posizione aperta, orizzontale, non gerarchica, come nell’icona di Andrej Rublev. Il cui significato profondo è che l’amore autentico è quello che include il terzo. Una reinterpretazione nella quale tuttavia permane la tendenza cattolica, e violenta, di dire cos’è il vero amore, e dunque come bisogna amare.