Dirò subito quello che penso della questione del 41 bis. Poiché è ormai evidente che Alfredo Cospito non chiede di essere sottratto personalmente al 41 bis, ma digiuna per ottenerne l’abolizione, la questione è se la sua richiesta, la sua lotta, sia giusta o meno. E a me la risposta appare chiara: il 41 bis non è compatibile con la democrazia. Nessun essere umano può essere sottoposto a quella forma di carcerazione senza che se ne violi la dignità.
L’articolo 27 della Costituzione è inequivoco: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Non è possibile alcuna rieducazione del condannato in quelle condizioni di detenzione. Al contrario: sono pensate per distruggere psicologicamente un essere umano. Si dirà che un mafioso o un terrorista non meritano nessuna rieducazione. Ma allora occorre cambiare la Costituzione, precisare che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità a meno che non si tratti di mafiosi e di terroristi. E magari reintrodurre la pena di morte, che è infinitamente più onesta del lento assassinio di un essere umano.
Non è però di questo che voglio parlare. Poiché mi piace ancora definirmi anarchico, voglio dire due cose su Cospito in quanto anarchico.
Alfredo Cospito è responsabile di un attentato alla caserma dei carabinieri di Fossano del 2 giugno 2006 e della gambizzazione di Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo, il 7 maggio 2012. L’attentato alla caserma dei carabinieri non fece morti, ma c’è ragione di ritenere – vedremo presto perché – che Cospito volesse uccidere. In entrambi i casi Cospito ha agito in nome della Federazione Anarchica Informale. Per chi non lo sapesse, la differenza tra Federazione Anarchica Informale e Federazione Anarchica Italiana è nel nodo della violenza: ammessa, quando non esaltata, dalla prima, rigettata rigorosamente dalla seconda.
La gambizzazione di Adinolfi è stata rivendicata da Nucleo Olga della Federazione Anarchica Informale-Fronte Rivoluzionario Internazionale con un documento dal titolo Il marchio della Vita. Cercando una via immaginifica alla distruzione dell’esistente che è utile per entrare per così dire nella testa di Cospito.
Il documento comincia così: “Le idee nascono dai fatti, le parole accompagnate dall’azione portano il marchio della vita. Abbiamo azzoppato Roberto Adinolfi, uno dei tanti stregoni dell’atomo dall’anima candida e dalla coscienza pulita”. C’è già tutto, qui. La convinzione che le idee, in quanto tali, non valgano granché e che debbano essere accompagnate dall’azione. La convinzione ulteriore che l’azione debba essere violenta, altrimenti non è azione. L’identificazione del nemico, dell’uomo-simbolo del Sistema e la sua disumanizzazione. Roberto Adinolfi non è un essere umano: è uno stregone. E sparargli alle gambe è azzopparlo.
Ora, chiunque abbia più di dieci anni comprende senza difficoltà che le cose non sono così semplici. Azzoppare un amministratore delegato non cambia granché. Si avrà un amministratore delegato zoppo o su una sedia a rotelle. Se lo si ammazzasse, si avrebbe un amministratore delegato morto sostituito da un altro amministratore delegato. Soprattutto, chiunque abbia più di dieci anni comprende che non è solo delirante la soluzione, ma è anche più delirante l’analisi. La società è sbagliata, per Cospito. Lo è per tutti gli anarchici. Ma cosa c’è di sbagliato, in sostanza? Leggiamo:
Il capitalismo con l’aiuto della scienza tende ad annullare i conflitti, gli individui oggi sono liberi di realizzare la propria soggettività solo attraverso il consumo e la produzione di merci. La macchina ordina, l’uomo esegue. Il capitale ordina, il consumatore consuma. La scienza ordina, la tecnologia uccide. Stato e scienza, capitalismo e tecnologia sono una cosa sola, un unico solo moloch.
Ci sono dunque un po’ di cose maiuscole. C’è il Capitale, c’è la Scienza, c’è la Tecnica. C’è la Macchina. Viene da pensare a Massimo Troisi nella scena di Robertino in Ricomincio da tre e dire: “Il grammofono…” E chissà se Cospito risponderebbe: “No, il grammofono no”.
Gli anarchici informali dunque fanno la guerra alla Scienza, al Capitale, alla Tecnica. E naturalmente allo Stato. E poiché questa cose maiuscole sono inafferrabili, proprio perché si tratta di astrazioni, dovranno prendersela con qualche essere umano concreto. Ottenendo cosa? Nulla. Esattamente nulla. Ammesso che il problema della nostra società siano la Scienza e la Tecnica – quella stessa tecnica di cui è frutto la pistola usata per gambizzare Adinolfi –, nessun danno alla Scienza e alla Tecnica verrà dalla gambizzazione di un essere umano.
Benché nelle loro analisi non dimostrino una maturità intellettuale migliore di quella di un bambino di dieci anni, Cospito e i suoi lo sanno bene, che gambizzando un essere umano non stai cambiando granché. A voler essere oggettivi, una pratica simile ha un valore puramente masturbatorio. E il comunicato lo conferma:
Pur non amando la retorica violentista con una certa gradevolezza abbiamo armato le nostre mani, con piacere abbiamo riempito il caricatore. Impugnare una pistola, scegliere e seguire l’obiettivo, coordinare mente e mano sono stati un passaggio obbligato, la logica conseguenza di un’idea di giustizia, il rischio di una scelta e nello stesso momento un confluire di sensazioni piacevoli.
Cospito ha sparato a un uomo per il puro piacere di farlo. Il piacere di un’azione fine a sé stessa, priva di qualsiasi reale esito rivoluzionario. Le sensazioni piacevoli sono l’unico senso di quell’azione. La sensazione piacevole di sparare ad un uomo eretto a simbolo di un intero sistema, contro il quale evidentemente ci si sente impotenti – Moloch, lo chiama il comunicato – è l’essenza dell’anarchismo di Cospito. Un anarchismo che fa schifo, e che non si differenzia in nulla dal fascismo.
Caro Vigilante, mi trovo d’accordo con lei, purtroppo così tante volte ho dovuto soffrire a causa della mancanza di fantasia delle opposizioni alla presente organizzazione sociale, ho ancora in mente e nel cuore il dolore che mi aspettavo già prima dei fatti del G20 di Napoli e poi di Genova, poi rinnovato ed esacerbato dagli accadimenti luttuosi.
Questa orgogliosa fretta maschilista di confrontarsi militarmente con lo Stato mi pare tanto assurda da fare pensare a infiltrazioni e 5e colonne dei servizi, tanto per non attribuire patente di estrema stupidità ai soggetti in questione. In realtà poi, sovente, alla distanza, molti di quegli “arditi” almeno a parole hanno fatto carriera diventando organici al sistema.
Con stima.
Bernardo d’Aleppo
Ascoltando e leggendo
i media di questi giorni sull’affaire Cospito mi preme far riflettere seriamente sull’essenza del vero anarchismo che non può essere assolutamente violento per sua natura intrinseca. E comunque ricordate i tempi dei finti anarchici provocatori fascisti infiltrati come Mario Merlino?
«Gli anarchici li han sempre bastonati», cantava Guccini nel 1976, riassumendo la storia travagliata di un movimento i cui membri sono sempre stati malvisti, perseguitati, fucilati. Se per vittoria si intende l’imporsi definitivo di un obiettivo, perseguendo l’eliminazione di ogni forma di dominio, l’anarchismo ha sempre perso.
Rappresentando una sorta di coscienza critica e intransigente del vivere civile, gli anarchici hanno infastidito il quieto scorrere della storia al punto da meritare la peggior fama, sia essa dovuta a effettive esperienze controverse sia essa dovuta alla diffidenza derivante dall’ignoranza.
Va assolutamente superato il pregiudizio sul legame presunto fra anarchia, violenza e caos. L’anarchia, anzi, nell’espressione di massima coerenza, si lega all’elaborazione filosofica della nonviolenza, in un arricchimento reciproco volto a sradicare non solo il dominio istituito con la violenza, ma anche il dominio che la violenza stessa rappresenta, fosse anche transitoria e funzionale a un fine più alto. Eppure tale pregiudizio permane, a legittimare l’esclusione dell’istanza critica che l’anarchismo anima collocandosi sul margine esterno di ogni realtà istituzionale, spesso scoprendola poggiata sul puro abbandono fideistico.
L’anarchico chiede conto della coerenza tra principi e strumenti con cui essi vengono perseguiti: per questo non può accettare la contraddizione di una convivenza pacifica raggiunta e conservata mediante la coercizione, fuori e dentro lo Stato. Quella anarchica è una ricerca critica e autocritica di coerenza così pervicace da portare a una paradossale diversità di declinazioni di pensiero, prodotti di un dialogo incessante possibile proprio per l’assenza di punti insindacabili da difendere, che non sia quello della liberazione dal dominio e dalla coercizione. L’anarchico non ha un’immagine irenica dell’uomo, ma rappresenta la convivenza pacifica di liberi ed eguali come un intenso lavoro sulla realtà collettiva e individuale. Decenni di riflessione anarchica hanno saputo elaborare proposte concretissime e interessanti senza ricorrere per nulla a forme violente che caratterizzano invece frange di falsa e provocatoria identificazione con il vero pensiero anarchico che guarda caso mette invece sempre il fondamento della sua azione nell’ educazione.”
Sarà un caso che il pensiero
anarchico è stato ed è osteggiato dal fascismo, dal massimalismo comunista, dal
liberalesimo e dal capitalismo?
Una cosa è certa Cospito e gli sparuti violenti nelle piazze sono tutto fuorché anarchici.