Dare senso all’Alternanza Scuola Lavoro

L’Alternanza Scuola Lavoro è una strategia chiave nel piano del Ministero per fare della scuola italiana, già ampiamente aziendalizzata, lo strumento per la formazione delle giovani generazioni ai valori del neoliberismo ed abituarle fin da subito al lavoro precario e sottopagato. Essa, peraltro, toglie tempo prezioso allo studio serio, sostituito con attività prive di qualsiasi valore formativo, come fare le fotocopie o consegnare panini al McDonald’s. E’ questo, in sintesi, la critica corrente all’Alternanza Scuola Lavoro. Non voglio, qui, replicare a questa interpretazione, che ha qualcosa di vero, ma anche molto di falso. Mi interessa mostrare piuttosto in che modo l’Alternanza Scuola Lavoro, comunque la si consideri, possa diventare una pratica estremamente formativa per i nostri studenti.

Se provate a chiedere ad un adolescente quali sono i suoi valori, è molto probabile che vi risponda che il suo valore principale è la famiglia; seguiranno, poi, gli amici, l’amore e poco altro. Può essere che l’ordine cambi, ma la famiglia si confermerà nove volte su dieci uno dei valori fondamentali. E’ una cosa un po’ sorprendente per chi è stato adolescente in anni in cui ribellarsi alla famiglia era un passaggio fondamentale per diventare adulti, ma non sembra una cattiva cosa. Se però si discute con loro di questi valori, viene fuori dell’altro. Viene fuori che la famiglia è un valore perché rappresenta il nido protettivo, sicuro, l’unico contesto in cui è possibile avere davvero fiducia in qualcuno, mentre fuori dalla famiglia non è così. Alla positività della famiglia corrisponde la negatività della società. Se si pone agli adolescenti una qualsiasi questione politica – nel senso più pieno e autentico: come si può affrontare questo problema sociale? come si può cambiare? – ci si trova spesso di fronte ad un muro di scetticismo, spesso perfino cinismo. Le cose non possono cambiare, è sempre stato così e sempre sarà così, e amen. E’ la nota impoliticità delle nuove generazioni, esito di una pluridecennale azione di distrazione mediatica, con la quale il giovane ribelle degli anni Settanta è stato trasformato nell’adolescente spettatore di oggi, ottimo consumatore dei prodotti dell’industria del divertimento.
E’ evidente che si tratta di un problema urgente, di cui la scuola non può non farsi carico, così come è evidente che anni di educazione civica non sono stati sufficienti, così come non basta il più recente insegnamento di Cittadinanza e Costituzione. Che fare?
Una pratica diffusa ormai in tutto il mondo è il Service Learning. La sua origine è negli Stati Uniti, dove molto deve alla prospettiva pedagogica di John Dewey, ma anche all’impegno sociale di Jane Addams, che nel 1889 fondò presso Chicago la Hull House, un centro per l’educazione sociale degli immigrati, soprattutto italiani. Nei paesi sudamericani si chiama Aprendizaje Servicio Solidario (apprendimento servizio solidale) e risente soprattutto dell’insegnamento di Paulo Freire, il teorico della pedagogia degli oppressi, che ha dedicato la vita al riscatto delle classi popolari attraverso l’educazione, in Sudamerica, Africa ed anche nel nostro paese (collaborò in Sicilia con Danilo Dolci nella scuola sperimentale di Mirto).
L’idea del Service Learning è semplice: l’apprendimento scolastico dev’essere collegato a qualche forma di servizio offerto alla comunità. Gli studenti individuano un problema della propria comunità (ma si può scegliere anche una comunità lontana), elaborano una ipotesi di contributo, studiano il problema attraverso le loro normali discipline e infine escono da scuola per realizzare il loro progetto. Ad esempio, un Liceo artistico può impegnarsi per la riqualificazione di un quartiere degradato della città. Dopo aver ascoltato l’assessore all’urbanistica, si può ipotizzare un intervento che preveda l’uso dell’arte per il miglioramento estetico degli edifici fatiscenti. Discussa l’idea con i residenti del quartiere, gli studenti approfondiscono il problema teoricamente, considerando esperienze simili (ad esempio la riqualificazione di Tirana al tempo del sindaco Edi Rama, ma anche il lavoro di Francesco Del Casino ad Orgosolo), quindi passano alla fase operativa. Lo studio diventa progetto, e gli studenti sperimentano concretamente il contributo che possono dare alla società, il valore e la soddisfazione dell’impegno, l’importanza di progettare insieme ad altri: il senso autentico della politica.
Si dirà: ma si tratta di un modo di fare Alternanza che va contro le intenzioni del Ministero. Non è proprio così. Con il nome di Dentro/Fuori la scuola il Service Learning è presente tra le sperimentazioni sostenute dal movimento Avanguardie Educative dell’Indire, l’Istituto del Miur che si occupa della ricerca e dell’innovazione educativa . In accordo con il Ministero del Lavoro, il Miur ha poi avviato il progetto Get Up (Giovani ed esperienze trasformative di Utilità sociale e partecipazione), che intende formare gli studenti ad “essere autonomi e responsabili nei confronti della loro comunità”, e che propone sul piano metodologico le Cooperative Scolastiche ed il Service Learning. E, poiché pare che non si riesca ad uscire dalla logica della competizione nemmeno quando si parla di cooperazione e solidarietà, il prossimo anno si terranno le Olimpiadi del Service Learning.
Le prime sperimentazioni, nel nostro paese, sono state avviate lo scorso anno scolastico, anche se non mancano esperienze degli anni passati che possono essere considerate forme di Service Learning (penso al progetto La scuola adotta un monumento, nato a Napoli già nel 1992). E’ opportuno cercare ad una via italiana al Service Learning, che possiamo chiamare senz’altro Apprendimento Servizio (o, se preferiamo la forma sudamericana, Apprendimento Servizio Solidale), pensandolo alla luce della nostra tradizione pedagogica, che con don Milani, Aldo Capitini, Danilo Dolci e molti altri ha dato contributi notevolissimi alla riflessione sui rapporti tra educazione ed impegno sociale e politico.

Nell’immagine: Jane Addams incontra un gruppo di bambini che visitano la Hull House, Chicago 1935. Fonte: www.history.com

Articolo pubblicato su Gli Stati Generali, 19 dicembre 2017.

Author: Antonio Vigilante

antoniovigilante@autistici.org

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