Dalla protezione umanitaria al foglio di via

Un mendicante che chiedeva l’elemosina davanti ad un supermercato, a Siena, è stato allontanato con foglio di via. Poiché si tratta del destino di un essere umano, e di un essere umano che presumibilmente ha sofferto molto, vorrei provare ad approfondire la faccenda.
“Chiedeva l’elemosina di fronte al supermercato disturbando i clienti con insistenza, poi ha inveito contro la Polizia di Stato intervenuta. Per questo un nigeriano di 22 anni è stato prima sanzionato per accattonaggio e poi denunciato.”
Questi i fatti, in sintesi, così come forniti dalla Questura di Siena.
Il Regolamento comunale vieta all’articolo 35 di “raccogliere l’elemosina con petulanza, esponendo cartelli, ostentando menomazioni fisiche o con l’impiego di minori e/o animali”. Ora, il ragazzo nigeriano non esponeva cartelli, non ostentava menomazioni e non usava né minori né animali. Anche queste condizioni a dire il vero espongono alla libera interpretazione di chi guarda. Per quale ragione una persona sana può chiedere l’elemosina e una persona con menomazione no? Perché è chiaro che è difficile stabilire se la menomazione c’è o è ostentata. Nel caso specifico, l’aspetto decisivo è la petulanza. E qui la faccenda non è meno arbitraria. Chi stabilisce il livello oltre il quale c’è petulanza? Come si dimostra la petulanza? Ho avuto a che fare diverse volte con quel ragazzo. Non è mai stato petulante con me, né con nessuna delle persone che erano con me. Ho sentito molti amici, in questi giorni. Tutti hanno confermato la mia impressione: quella di un ragazzo che nemmeno chiedeva l’elemosina, stava lì ad aspettare che qualcuno desse qualcosa, a volte aiutando a spingere il carrello. Lo stesso atteggiamento di un ragazzo che ho incontrato per più di un mese tutte le mattina andando al lavoro. Era fermo al lato della strada, con un cappello in mano. In rigoroso silenzio. Naturalmente si vedeva bene che aveva bisogno: ma lui non chiedeva, propriamente, l’elemosina.

A chiedere l’elemosina, e anche vistosamente, è una vecchina a piazza Salimbeni, di cui sembra non interessarsi nessuno: nemmeno i bravi cittadini del circolo Sena Civitas, che aprono una loro lettera aperta al prefetto con la constatazione che “ormai da un paio di anni la presenza di ragazzi di colore che chiedono ‘insistentemente’ l’elemosina per le vie del centro, davanti agli esercizi commerciali della città o presso l’ospedale di Santa Maria Le Scotte, sembra sia divenuta stanziale e sistematica”. Ragazzi di colore: della nostra vecchina nemmeno l’ombra. Abbiamo dunque un regolamento comunale discutibile – perché consente una certa libertà di interpretazione, e la libertà di interpretazione in questa faccende non è una cosa buona – e abbiamo una società civile che chiede che si intervenga contro i “ragazzi di colore”. E dunque gli agenti intervengono. Il ragazzo, stando al comunicato della Questura, li ha offesi e poi, portato in Questura, “ha proseguito con le imprecazioni, urlando e rendendo molto difficoltose le operazioni di identificazione”. Imprecazioni e urla non costituiscono un reato, ma le offese sì: e non sarò io a difendere il ragazzo per questo. Mi chiedo però se il foglio di via – il divieto di ritorno a Siena per tre anni – sia una sanzione adeguata al suo comportamento. Il foglio di via è regolato dal Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 / 2011, meglio noto come Codice delle leggi antimafia. Compare all’articolo 2 come misura di sicurezza per persone che rientrino in una di queste tre categorie: “a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica”.
Il ragazzo nigeriano che chiede l’elemosina, in modo petulante o meno, rientra in una di queste tre categorie? Il suo è un traffico delittuoso? Mette a rischio l’integrità fisica o morale dei minorenni o la tranquillità pubblica? Pare di no. Immaginiamo davanti al supermercato non il nostro “ragazzo di colore”, ma una prostituta. Anzi, una prostituta che con modi scandalosi adeschi i clienti davanti a tutti. Immaginiamo che gli agenti intervengano e che il Questore le dia il foglio di via. Bene: in un caso del genere la Cassazione ha stabilito che il foglio di via era ingiustificato, perché la legge “pone come presupposto dell’ordine di allontanamento non un qualsivoglia comportamento ‘pericoloso per la sicurezza pubblica’ (nozione che aprirebbe il varco a forme incontrollabili di discrezionalità)”, ma una precisa “condotta pericolosa” che rientri in una delle tre categorie indicate dalla legge (Corte di Cassazione, sezione I Penale, sentenza 17 dicembre 2014-8 gennaio 2015, n. 302). Se non rientra in nessuna di quelle tre categorie e non costituisce “condotta pericolosa” la prostituzione, sia pure con atteggiamenti “adescatori e scandalosi” (questa era l’accusa nei confronti della donna), può costituire “condotta pericolosa” il semplice chiedere la questua, sia pure con petulanza? E’ lecito dubitarne.
Consideriamo un ultimo punto. Il comunicato della Questura ci informa che “il giovane nigeriano era regolare sul territorio nazionale, in possesso di permesso di soggiorno per motivi umanitari”. Dunque non un clandestino. Una persona cui una commissione ha riconosciuto il diritto di ricevere protezione dal nostro Stato per ragioni umanitarie, in base alla Costituzione e al diritto internazionale. Perché un nigeriano riceve protezione umanitaria? Le ragioni possono essere diverse. Può essere, ad esempio, che si tratti di un cristiano in fuga da Boko Haram. L’ultimo attacco del gruppo jihadista nel nord-est della Nigeria c’è stato solo qualche giorno fa: sessanta case bruciate. Una notizia che in Italia non esiste, perché per i giornali italiani non esiste l’Africa. Figuriamoci ora un ragazzo che sia sopravvissuto a questo attentato. Capisce che al prossimo non avrà la stessa fortuna, che deve scappare. Riesce ad arrivare in Italia, riesce perfino ad ottenere la protezione umanitaria. Ce l’ha fatta, pensa. Ma è allora che comincia la beffa. Ottenuto il permesso di soggiorno, viene abbandonato a sé stesso. Potrebbe andare nel Foggiano e diventare un lavoratore-schiavo nelle campagne, portare soldi ai caporali e cercare di non morire nell’incendio del ghetto di lamiere e legno in cui sarà costretto a vivere, nel pieno della civiltà occidentale. Chiedere l’elemosina può essere una buona alternativa. Ma lui, ecco, è petulante. O così pare. E allora al diavolo Boko Haram, al diavolo la protezione umanitaria, al diavolo lui. Prendiamo il birillo nero e spostiamolo. Dove? Affari suoi. Vada a petulare altrove. Ce la stava facendo, ma era sono l’inizio di un gioco crudele che lo porterà ad essere sempre più solo, sempre più disperato, sempre più criminalizzato. E sempre più tentato dalla lotta per la sopravvivenza. Articolo pubblicato su Gli Stati Generali il 13 agosto 2017.

Author: Antonio Vigilante

antoniovigilante@autistici.org

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