Se chi lavora per la Perugina avesse l’idea di inserire nei Baci un bigliettino con una frase di Gesù sarebbe un grave scandalo, un attacco alla nostra tradizione e identità culturale, un’offesa a tutti i cristiani; e Salvini farebbe oscillare il rosario con la bava alla bocca. Se ci finisse, nei Baci Perugina, un passo del Corano, sarebbe un attacco alla diversità culturale, una mancanza di rispetto al Libro Sacro, una manifestazione di zuccherosa strisciante islamofobia. Se il creativo della Perugina – che ci figuriamo giovane, precario e malpagato: perché questo è l’andazzo – inserisce nei baci Perugina una frase del Buddha, non succede nulla. Perché i buddhisti, si sa, sono pacifici, anzi pacioni, e in fondo il Buddha con la sua bella pancia tonda è in tutti i negozi di prodotti per la casa.
La cosa si complica un po’, ma non senza restare in piena sintonia con lo spirito dei tempi, se la frase inserita nei Baci non è mai stata pronunciata dal Buddha. Come scrisse Socrate in Contro i Sofisti, “Una volta che uno è morto puoi fargli dire quello che vuoi, e questo non è bello”. Non è bello, ma funziona, e siamo in un’epoca in cui è importante che le cose funzionino. E dunque non c’è frase che non possa essere attribuita a Socrate, a Platone o a Rousseau (a Gesù e a Maometto no, abbiamo detto).
Ecco dunque il nostro biglietto: “Se vuoi volare, lascia andare tutto ciò che ti pesa”. C’è anche la versione inglese, perché è noto che il Buddha parlava in inglese, anche se con un forte accento dell’India del nord: “In you want to fly, let go of everything that weights you down”. Che è una frase che, come tutte le frasi che funzionano, vuol dire tutto e il contrario di tutto: cioè nulla.
Non si può negare al malpagato peruginico un qualche scrupolo filologico. Perché indica la fonte. Cioè: Buddha (N. 21). Non il Buddha, ovviamente. S’è stabilito in Occidente che Buddha è un nome di persona. Numero 21. Di che? Dev’esserci da qualche parte una raccolta apocrifa di pensierini del Buddha, numerati, in lingua inglese, da cui ha attinto il nostro malpagato frustrato represso.
La cosa più simile a questo bigliettino si trova nel sutta 22 del Majjhima Nikaya: l’Aladaddupamasutta. È uno dei sutta più importanti, quello in cui il Buddha spiega che il suo insegnamento, il Dhamma, è come una zattera: va usato, ma non bisogna attaccarsi ad esso. Poco oltre spiega una cosa anche più importante. Così come è folle – e fonte di infinita violenza – attaccarsi a una dottrina religiosa, compresa la sua, è folle, e fonte di infinita sofferenza, attaccarsi a sé stessi. E quindi il Buddha insegna ai suoi bhikkhu di abbandonare tutto quello che possiedono. Nulla di nuovo, si dirà: in fondo tutti i monaci abbandonano tutto, e anche Francesco d’Assisi si spoglierà rinunciando alla vecchia vita. Ma qui si tratta di un’altra cosa. Ciò che i monaci devono abbandonare ha a che fare con loro stessi. Immaginate, dice il Buddha, che qualcuno porti via i rami e le foglie del parco in cui ci troviamo (il Buddha insegnava spesso nei parchi). Pensereste che vi è stato tolto qualcosa che è vostro? No, certo. Loro sono nel parco, ma il parco non è loro. Bene, dice il Buddha: questo vale anche per voi stessi. Vale per il vostro corpo, vale per le vostre sensazioni, vale per le vostre percezioni, vale per la vostra coscienza. Tutte queste cose sono parte di noi, ma noi non siamo queste cose. Una volta che lo abbiamo riconosciuto, siamo liberi dalla sofferenza. Lo siamo, una volta che siamo consapevoli che non esiste, propriamente, un io. Che siamo strutture fragili, evanescenti e illusorie. Che siamo vuoti.
In quello stesso sutta il Buddha parla del nibbida, in assoluto il termine buddhista che ha avuto meno successo in Occidente. Lo rendono, i traduttori, con disincanto, ma vuol dire disgusto, sazietà: non volerne più. È la sensazione che dovremmo provare nei confronti di tutto ciò che ci costituisce e che, a uno sguardo più attento, non siamo noi. Disgusto verso le sensazioni, disgusto verso le percezioni, disgusto verso il corpo. Non c’è liberazione senza disgusto. Anche verso i Baci Perugina.