Sono stato qualche giorno fa in una scuola media per fare orientamento. Appena entrato, gli studenti sono scattati in piedi, e sono rimasti così, rigidi come soldatini, fino a quando ho fatto cenno loro di sedersi. Accorgendomi, peraltro, di aver probabilmente violato qualche tacito protocollo: probabilmente spettava alla docente dare il permesso di sedersi.
Al liceo – ma non in tutti – gli studenti non si alzano all’ingresso del docente. Quando vi arrivano, però, hanno interiorizzato dopo anni e anni di scuola una certa visione del docente: il piccolo caporale della cultura che ha il potere di farti scattare in piedi, di farti sedere, di dirti come devi stare seduto, quando puoi bere o andare in bagno, eccetera. Hanno interiorizzato una concezione onestamente militare della disciplina scolastica. E per molti questo è un bene. Per molti è esattamente questa l’educazione. Imparare quando ci si può alzare, quando si si può sedere, eccetera. Stare nelle regole. Rispettare l’autorità. Contenersi.
Naturalmente non condivido questa concezione dell’educazione. Ritengo che quello dell’educazione sia esattamente il movimento contrario: espandersi, piuttosto che stare in una forma precostituita. Sono convinto che non sia possibile nessuna educazione senza una relazione umana viva, autentica e profonda. E non è evidentemente possibile nessuna relazione viva, autentica e profonda in un contesto ispirato alla disciplina militare.
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