La miseria affettiva e relazionale della scuola

Sono stato qualche giorno fa in una scuola media per fare orientamento. Appena entrato, gli studenti sono scattati in piedi, e sono rimasti così, rigidi come soldatini, fino a quando ho fatto cenno loro di sedersi. Accorgendomi, peraltro, di aver probabilmente violato qualche tacito protocollo: probabilmente spettava alla docente dare il permesso di sedersi.

Al liceo – ma non in tutti – gli studenti non si alzano all’ingresso del docente. Quando vi arrivano, però, hanno interiorizzato dopo anni e anni di scuola una certa visione del docente: il piccolo caporale della cultura che ha il potere di farti scattare in piedi, di farti sedere, di dirti come devi stare seduto, quando puoi bere o andare in bagno, eccetera. Hanno interiorizzato una concezione onestamente militare della disciplina scolastica. E per molti questo è un bene. Per molti è esattamente questa l’educazione. Imparare quando ci si può alzare, quando si si può sedere, eccetera. Stare nelle regole. Rispettare l’autorità. Contenersi.

Naturalmente non condivido questa concezione dell’educazione. Ritengo che quello dell’educazione sia esattamente il movimento contrario: espandersi, piuttosto che stare in una forma precostituita. Sono convinto che non sia possibile nessuna educazione senza una relazione umana viva, autentica e profonda. E non è evidentemente possibile nessuna relazione viva, autentica e profonda in un contesto ispirato alla disciplina militare.

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Palestina libera

La Russia ha invaso l’Ucraina. Quelli di Potere al Popolo sono andati in piazza a protestare contro la Nato. Perché è evidente che quel brav’uomo di Putin – che solo un calunniatore come chi scrive può considerare fascista – è stato costretto, col cuore che gli piangeva, ad invadere l’Ucraina per ristabilire un po’ di giustizia internazionale.

Israele sta massacrando i palestinesi dopo il gravissimo attentato del 7 ottobre. Quelli di Potere al Popolo vanno in piazza a bruciare la bandiera di Israele e a protestare contro la Nato, che ci sta sempre bene. E Hamas? Niente, non pervenuta.

Nel primo caso quello che rimane della sinistra comunista in questo Paese appoggia un dittatore palesemente fascista. Nel secondo caso evita – è il meno che si possa dire – di condannare il fascismo di Hamas. Nel comunicato della manifestazione di ieri scrivono:

Stop all’invio di armi per la guerra in Ucraina; riconoscimento dello Stato Palestinese; revoca dell’accordo di cooperazione militare tra Italia e Israele; via l’Italia dalla Nato; tagliare le spese militari per finanziare le spese sociali; stop al genocidio a Gaza.

Non una sola parola su Hamas. Zero.

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