In occasione della consegna dei diplomi di licenza tre normaliste, Virginia Magnaghi, Valeria Spacciante e Virginia Grossi, hanno letto un testo che è una denuncia della deriva non solo della Normale di Pisa, ma dell’intero sistema universitario italiano (qui il testo, qui il video della lettura). Un testo che non commento, perché ho davvero poco da aggiungere. Mi piace invece dire due o tre cose sulla replica che un altro ex normalista, Claudio Giunta, ha scritto per il Post. “Tu non esisti” Esordisce, Giunta, con un’affermazione incredibile: “Quattro o cinque anni di frequenza universitaria come studentesse e studenti non bastano, di per sé, a mettere queste studentesse e studenti nella condizione di dire cose particolarmente profonde o interessanti sull’università”. Chi è legittimato a parlare di università? Solo i docenti, in virtù della loro vasta esperienza? Quale esperienza particolare occorre per notare, come fanno le tre normaliste, che solo tre donne su tredici membri siedono nel Senato Accademico della Normale? Che “di 10 professori ordinari nella classe di Lettere, nove sono uomini” è una informazione che uno studente può ottenere facilmente, e che forse solo uno studente — non i nove ordinari maschi, e ancor meno forse l’ordinaria donna — può sottolineare. Tacendo del fatto che molti docenti hanno difficoltà ad esprimere opinioni critiche sul sistema perché temono ritorsioni personali, è surreale che in un Paese in cui non manca la predica quasi quotidiana sulla scuola o l’università di persone di assoluta incompetenza sul tema si ritenga non titolato un diplomato della Normale, ossia uno studente che ha seguito il percorso di studi che più di qualsiasi altro dovrebbe mettere in grado di analizzare i fatti sociali in modo critico. Che quello che degli studenti hanno da dire sull’università contenga “una verità che non merita neppure di essere sottoposta a verifica e discussione” — come scrive ancora Giunta— è una affermazione rivelatrice nella sua arroganza. Di fatto, agli studenti italiani non viene chiesto mai di esprimersi sulla istituzione che vivono quotidianamente; sono clienti, non attori, del sistema. Nella linguaggio della Scuola di Palo Alto la premessa di Giunta è una disconferma. Che consiste non nel criticare gli argomenti dell’interlocutore, ma nel negarlo. Nel dirgli: “Tu non esisti”. Un sistema di sfruttamento Ma Giunta è generoso, e impiega qualche riga per criticare le cose scritte e dette dalle tre normaliste che non esistono. Il centro della sua critica è che le cose che esse dicono non sono particolarmente nuove e che è superficiale ricondurre i problemi di cui parlano al neoliberismo. Ora, ritengo che uno dei problemi della discussione attuale sulla scuola sia l’accusa arbitraria di neoliberismo, quella che chiamo reductio ad Hayekum. Convinti che sia in atto da anni un attacco neoliberista alla scuola pubblica, si rifiuta sdegnosamente qualsiasi cambiamento, vedendovi — spesso con vere e proprie acrobazie interpretative — una tessera del piano neoliberista; ed è così che, in nome della lotta al neoliberismo, si finisce per chiudersi nell’immobilismo della scuola cattedra-lezione. Ma Giunta cade nell’errore opposto. E’ naturale che l’università non sia un ambiente pienamente plasmato[…]