20 febbraio, giovedì

Durante dei lavori di gruppo sull'antispecismo politico una ragazza di quinta mi ha chiesto come si può combattere il capitalismo. Non ho saputo risponderle; le ho detto che alla prossima lezione leggeremo Crack Capitalism di John Holloway.Sono fioriti gli asfodeli.

Dove comincia il mondo nuovo

Dove comincia il mondo nuovo, amico,si scavano le vene della vitadi domani, e si vuole si decideper ognuno giustizia e compiutezzalo indovini, lo so: non è nel centrodove ricchezza eleva verso il cielol’uomo televisivo ultimo mostrosenz’occhi senza lingua senza sangue.E’ dove l’esistenza si contorce- nella Sicilia di Danilo gli uominierano legno antico e sofferente -che qualcuno ha l’ardore di colpirela terra reclamandone speranza:e la terra risponde e nuovi umorisoccorrono e ciascuno si rianimale schiene si raddrizzano le manisi stringono la voce si schiariscee l’uomo dice “io” e dice “tu”come si dice il bello delle cose:e quando dice “noi” non c’è violenza.

Il groviglio di Piazza Mercato

Foto ripresa dal sito www.ispastrutture.itTra le ragioni per le quali la vita è un groviglio c'è il fatto che le ciambelle raramente riescono col buco. Il che vuol dire che c'è uno scarto tra il progetto e la sua esecuzione, tra l'idea e la sua concretizzazione, tra quel che si vorrebbe fare - spesso con le migliori intenzioni - e quello che si riesce davvero a fare. Una ciambella penosamente malriuscita è stato l'incontro di domenica mattina tra il sindaco ed i cittadini per discutere del futuro di Piazza Mercato. Nelle intenzioni del sindaco doveva essere un bel momento di democrazia partecipata: cosa rara di questi tempi, rarissima a Foggia, e quanto mai opportuna in campagna elettorale. Ne ė venuta fuori invece una gazzarra delle peggiori, che ha messo a dura prova la flemma mongelliana: a un certo punto ha dovuto far la voce grossa (per quanto sia possibile far la vice grossa a Mongelli) per imporre ordine e disciplina.Le contestazioni più dure sono state per l'ex assessore Maria Rosaria Lo Muzio, che ha preso la parola per ricordare che quella piazza oggi tanto contestata quando era ancora un progetto venne apprezzata in una mostra a Bruxelles e inserita dalla Fondazione Agnelli tra trenta opere di grandi architetti italiani. Dal pubblico la interrompono: "Ci vuole un coraggio... No, fa schifo questa piazza". Eppure non aveva tutti i torti, l'ex assessore. La piazza progettata e la piazza realizzata, quello che doveva essere e quello che è stata ed è, sono due cose diverse. Ancora una volta lo scarto, il groviglio. Nelle intenzioni di chi l'ha progettata, quella piazza doveva essere un centro di aggregazione sociale, ospitare iniziative culturali, diventare uno dei luoghi più vivi del cuore storico della città. Se è andata diversamente, la responsabilità non è di chi l'ha progettata, ma di chi non è riuscito a farla funzionare. E' molto triste, ed è un indice del degrado civile e non solo politico della città, che non si riesca a Foggia a far funzionare uno spazio culturale (si pensi, oltre a Piazza Mercato, all'abbandono delle strutture di parco San Felice), mentre a Manfredonia con i fondi della Regione hanno trasformato il mercato del pesce in un laboratorio culturale che, affidato ad una cooperativa, ospita ogni giorno concerti, corsi di musica, mostre d'arte, convegni e conferenze.Oggi si vorrebbero abbattere le contestate strutture metalliche della piazza - il "trenino" - e lasciare solo la pavimentazione. Anche qui rischia di esserci uno scarto, e tra i peggiori, tra il progetto e la sua realizzazione. Perché il dato più impressionante che è emerso dall'incontro di domenica è l'altissimo malessere della gente di quel quartiere, di quel centro storico che è diventato, dicono, terra di nessuno. Il timore, fondato, è che, liberata dalle strutture metalliche, quella piazza finisca per diventare un buco nero nel bel mezzo del centro storico, un pisciatoio e vomitatoio a due passi dalla cattedrale.All'incontro di domenica mattina è intervenuta anche una ragazza dai capelli rossi. Il problema del centro storico non[…]

Perché i ravanelli sì?

Francesco Pullia segnala questo articolo di Claudio Sabelli Fioretti su Io Donna, che presenta una obiezione non infrequente al vegetarianesimo/veganesimo: perché mangiare i vegetali non sarebbe violenza? Ricordo di aver scritto un post sul tema quasi dieci anni fa sul mio vecchio blog, Minimo Karma. Blog che non è più accessibile per l'improvvisa chiusura del server. Grazie a Web Archive sono riuscito a recuperare il post, che ripropongo, dal momento che la mia posizione sull'argomento non è cambiata.Una sera mi trovavo a casa di un amico molto morale, ecologico, vegetariano e nonviolento: mi stava preparando una cena tutta a base di vegetali. Sul tavolo si allineavano i corpicini gialli, rossi e verdi: carote, pomodori e lattughe. Con le faccine tonde ornate da una lieve barbetta, braccia alzate, fibre vive e gonfie d’acqua, un mazzo di ravanelli agonizzava in un canto: il mio amico ne prese una per le verdi braccine e con un morso ne addentò la rossa testolina. […] Se non bisogna mai uccidere, perché i ravanelli sì?Questo interrogativo venne posto una decina d’anni fa da Sandro Gindro in un articolo pubblicato su Studi cattolici (389-390, 1993) (e viene citato ora nel bel saggio di Adriano Mariani, Do per cibo il verde dell’erba. Il cristianesimo alla prova della condizione animale, “Quaderni Satyagraha” n. 8, Pisa 2005). Naturalmente la descrizione dei corpicini che agonizzano fa sorridere, ma la domanda non è affatto oziosa. Perché mangiare i vegetali invece degli animali?La risposta più semplice è che gli animali soffrono ed i vegetali no. E’ una risposta insoddisfacente. Se la sofferenza fosse l’unico argomento contro l’uccisione di animali a scopo alimentare, bisognerebbe approvare l’uccisione indolore di animali allevati in condizioni di vita accettabili. Io sono dell’opinione che vada riconosciuto agli animali un valore intrinseco. Non direi un diritto all’esistenza, perché i soggetti che hanno diritti sono soltanto quelli che fanno parte di una comunità di soggetti giuridici, e questo con ogni evidenza non si può dire degli animali. Proprio per questo, però, si può contestare che gli uomini abbiano il diritto di uccidere gli animali ad uso alimentare. Proprio perché noi possiamo avere diritti solo su chi fa parte di una comunità di soggetti di diritti, non possiamo averne sugli animali, che di tale comunità non fanno parte. Uccidere un animale per cibarsene non è l’esercizio di un diritto, ma un atto di forza. Per trasformarlo in un diritto occorre una metafisica o una mitologia, che attribuisca il creato a Dio e faccia dire a Dio che tutto è finalizzato all’uomo. E’ precisamente la metafisica, la mitologia cristiana e cattolica; la quale anche, ponendo una comunità di uomini ed animali sotto la giurisdizione di Dio, potrebbe consentire di parlare di diritti animali: forse.Una seconda risposta è che gli animali sono esseri più perfetti dei vegetali. Io contesto questo modo di vedere. Considero vegetali, piante ed alberi gli esseri più perfetti della natura, certamente più perfetti degli animali e dell’uomo. Non c’è nessuno, credo, che non sia stato colto almeno una volta nella vita[…]

Appunti di ateologia #4

L'ateo nega Dio e con Dio la religione. L'ateologo nega il discorso su Dio, ma non l'esperienza religiosa.Cos'è l'esperienza religiosa? Chiamo religiosa ogni esperienza che abbia il carattere della transpersonalità, mentre è non religiosa o irreligiosa ogni esperienza personale.Il rapporto con un Dio-Persona è sempre irreligioso. Il Dio-Persona è un portato dell'io; un appendi-io trascendente.