Ho dormito tre ore questa notte

Ho dormito tre ore questa notte
fors’anche meno alle cinque ero sveglio
e il seguito non so se sonno o veglia
un breve sonno pieno di ricordi
più che di sogni o almeno così pare
all’ora convenuta ho messo su
il mio-me la mia faccia la mia storia
ed ho ricominciato tutto quanto.
Cerc’ora di comprendere il qualcosa
che fa di me un essere vivente
e non una struttura di pneumatici
un non troppo simpatico bibendum
un povero attorello sussiegoso
che si dimena sopra un palcoscenico
con quel che segue. Sento dentro il vuoto
e questa è proprio una frase del cazzo
ci si aspetta ben altro da un poeta
sia pure un poetucolo di quelli
che vanno ai concorsucoli poetici
di Maiolati Spontini o Rocchetta
Sant’Antonio; sto male, tutto qui
ed è cosa che sempre mi stupisce:
posso dire che sto in qualche modo
senza che questo mi distrugga? Posso
essere in qualche modo senza essere
un nulla? Posso sfuggire al mio vuoto?
Perché sono e non sono, mi trascina
la tristezza, mi svuota la mancanza
mi fa sorridere il sole sui colli
mi dà pace il pensiero della morte:
quando avrò consistenza nel non essere.
Vivo come uno strazio la presenza
di me a me stesso, l’accadermi, il nome
l’identità, la storia, the conundrum
il tohu wa bohu che mi trattiene
come un criceto nella sua gabbietta.

(22 luglio 2023.)

Come amore confonde i sentieri

Mi nascondevo in fondo alla mia casa
in fondo alla mia casa a pianoterra
in fondo alla cucina in cui dormivo
insieme a mio fratello e mia sorella
mi nascondevo e guardavo la porta
col cuore che batteva che batteva
e gli dicevo mio cuore ti prego
non battere così ci troverà
ma giungeva il rumore ed era come
se il mondo sospendesse il suo respiro
e m’inghiottisse giù con quella mano
orribile che apriva la finestra
e mi prendeva in fondo alla cucina
e più non ero me più non avevo
un posto al mondo in cui dire io sono
o pronunciare la parola ancora
o pronunciare la parola madre
nel buio stavo solo con me stesso
preso da quella mano che era mia.

Una volta mi presero – ero ancora
in fondo alla mia casa a pianoterra –
e mi portarono in un altro fondo
una caverna questa volta: ed umida
e mi tennero lì per qualche tempo
finché qualcuno più attento degli altri
prese ago e filo e mi cucì le palpebre.

Mi piaceva la vita con le palpebre
cucite avevo un mondo dentro me
ed era meglio di via Tiro a Segno
crescevano giganti i tulipani
e i soldati crociati li coglievano
e tornavano a casa raccontando
di come amore confonde i sentieri
e riconduce ogni cosa all’origine.

Mi son dannato l’anima a cercare

Kaasher natati et-lebi lada’at hokmah welirot etha’inian asher na’asah ‘al-ha-aretz ki gam baiom ubalailah shenah be’enav roeh. Weroiti et-kol-ma’asah haelohim ki lo iukol haadam limzo et-hamahaseh asher lasah tahat-hashemesh beshel asher ‘ahamol haadam lebaqesh welo imza wegam im iomer hehokam lada’at lo iukol limzo.

Mi son dannato l’anima a cercare
conoscenza, saggezza, il senso ultimo
di tutto questo affare sulla terra
che ci toglie il riposo notte e giorno.
Ed ho visto che le opere di Dio
tutto quello che accade sotto il sole
l’uomo non può comprenderlo: e chi dice
d’esser sapiente ed afferrare il mondo
più degli altri è smarrito ed impotente.

Qohelet, 8, 16-17. Traduzione di Antonio Vigilante.

Trema lacrime il bimbo solitario

Trema lacrime il bimbo solitario
se il ventre abituale cede al buio
e gli germina il fiato d’altri mondi:
una vecchia che striscia minacciosa
sulla lucida schiena d’un serpente
seguita da un corteo di spiritelli
corrosi da vermetti incandescenti.
Trema lacrime l’uomo solitario
preso alla gola da tristezza e angoscia
e vede e teme minacce di tenebra
non più vere di quelle d’un bambino.
L’anima nostra soffre di terrore:
non bastano a guarirla il giorno e il sole.
Si studi la natura, si contempli
la verità delle sue leggi eterne.

Lucrezio, De Rerum Natura, III, 87-93. Traduzione di Antonio Vigilante.

La paura e il potere

La prima volta che ho tradotto questi versi avevo diciassette anni. Era un esercizio: tradurre più cose possibile in endecasillabi, perché volevo che l’endecasillabo mi venisse naturale come il respiro. E tradussi Lucrezio (il secondo e il terzo libro per intero), e Orazio, e Baudelaire. Ed altro ancora. Credo di aver imparato da questi versi di Lucrezio più che da qualsiasi testo di filosofia. Ho imparato che dietro la maschera del potere c’è la miseria umana; che il potente, quasi non-uomo per la sua arroganza, per il ghigno che disgusta ed indigna, è in realtà un poveraccio, corroso dentro dal cancro del terrore. Non si possono leggere forse questi versi straordinari come un ritratto della classe politica della disgraziata Italia di oggi? Non li conosciamo, quei gusci vuoti che “ridono ai funerali dei fratelli” (”Io stanotte ridevo dentro al letto”)? L’invito a provare compassione per questa gente sembra una provocazione. Ma la compassione nasce da sé, appena ci si sofferma a considerare la terribile nudità di questi uomini e di queste donne, sospesi tra il terrore e la follia.

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